«Spazio, ultima frontiera. Eccovi i viaggi dell’astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale, diretta all’esplorazione di strani nuovi mondi alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima.»
Ci sono anniversari che non si vorrebbero proprio celebrare. Persino noi che su date, ricorrenze, morti e nascite, abbiamo sempre speculato – costruendoci addirittura un blog – sentiamo un tuffo al cuore quando dobbiamo ricordare che il 3 giugno del 1969, proprio mentre la rivoluzione dei figli dei fiori si offriva (nuda, sarebbe il caso di aggiungere) all’Europa e all’Italia, la Nbc decideva di chiudere la prima serie Tv di Star Trek, ovvero la trasmissione che aveva già innocentemente liberato nello spazio alcune richieste di quei cari ragazzotti. Star Trek, utilizzando l’innocenza degli strumenti della fantascienza, aveva simpaticamente baciato in fronte quei futuri intellettuali da buffet, portando in tv temi assai cari al movimento come i diritti civili, la pace universale, il senso della scoperta, il viaggio. Certo si dirà che niente si produce dal niente, e quindi i contenuti della serie avevano di fatto intercettato i mutamenti della società, tuttavia l’Enterprise, in anteprima sul mondo intero, è stata lo strumento di un amplesso incredibile, multirazziale e pansessuale, che non avrebbe dovuto aver mai fine. Nella serie ci sono baci tra razze aliene – primo esempio in tv, mentre in letteratura già nel 1952 Philip José Farmer aveva scritto di incontri sessuali tra un terrestre e un’aliena in Un amore a Siddo – e condivisione del comando della nave.
Poi la televisione, fedifraga e illusoria compagna, finisce per ammazzare tutto. Ci sarebbe piaciuto poter dire, con Nabokov che “era amore, a prima vista, a ultima vista, a eterna vista”. Ma le cose muoiono. E le resurrezioni – a metà anni ’80 la serie rinacque come Star Trek The Next Generation e avrebbe avuto lunga vita – sono solo pie illusioni. I grandi amori non ritornano e noi, traditi una volta, non ci caschiamo più.
Rosario Battiato