Senti che aria di fasci stasera, stanotte,
stasera mi lasci, lo so, non potrò
io lo so, non potrò più dormire con te…
Claudio Lolli, Curva Sud
Sessantatré anni senza sentire le incrostazioni del pensiero non deve necessariamente essere una buona notizia. L’8 giugno del 1949 si pubblicava per la prima volta il 1984 di George Orwell, probabilmente la distopia più nota dell’intero Novecento. Il fatto che ancora oggi il testo venga citato, a volte anche in maniera un po’ ridondante e fasulla, in rapporto alle beghe dei nostri tempi non deve far pensare che fosse lui avanti, ma che forse il mondo è rimasto abbastanza indietro. O statico, nel senso che certe “passioni” o propensioni non cambiano.
Siccome sapete più o meno tutti chi sia Winston Smith, e se non avete letto il romanzo avrete probabilmente visto Orwell 1984 (1984) di Michael Radford oppure Nel duemila non sorge il sole (1956) di Michael Anderson, allora questa commemorazione non la dedichiamo al romanzo, ma alla nostra società.
Noi non prendiamo sul serio le profezie dei romanzi – pare che Isaac Asimov avesse rimproverato allo scrittore britannico di non aver previsto il personal computer – ma ci preoccupiamo quando le prospettive vengono continuamente riproposte. Il mondo di Orwell – che si riferisce ai grandi totalitarismi del Novecento pur essendo proiettato nel futuro, come nella migliore tradizione distopica – non è importante perché prevede qualcosa, ma perché crea dei modelli archetipici di controllo del pensiero. E se sono ancora validi, qualche problema ci sarà.
Solo qualche giorno fa Christian Rocca, già collaboratore de Il Foglio e adesso direttore dello stiloso IL, introducendo un articolo di Paul Berman sulla libertà di pensiero e l’Islam, riesumò la Thought Police, di owelliana memoria, la cosiddetta polizia del pensiero, tradotta in italiano come psicopolizia (ilsole24ore.com/art/cultura/2012-05-08/polizia-pensiero-orwell-islam-112712.shtml?uuid=AbTpnPZF). L’elenco delle citazioni a riguardo (basti pensare al Grande Fratello, e ci fermiamo qui) è praticamente sconfinato.
Il senso di questo romanzo incredibile, neppure scritto per essere immortale come avrebbero detto i critici ben informati, non sta tanto nel suo essere profetico, ma molto più semplicemente nel fare luce, come ebbe a scrivere tempo fa Tommaso Pincio, sul lato nero dell’uomo, cioè quella sottesa voglia di fascismo che alberga in noi e che ogni tanto, e in ogni epoca, viene fuori.
Senti che aria di fasci?
Rosario Battiato