Fermi con le maniA parti invertite

Quando ero al liceo (non troppi anni fa), iniziai ad interessarmi di politica. Come spesso accade, i bollenti spiriti adolescenziali mi portarono ad assumere posizioni forti, non estreme ma quasi; ...

Quando ero al liceo (non troppi anni fa), iniziai ad interessarmi di politica. Come spesso accade, i bollenti spiriti adolescenziali mi portarono ad assumere posizioni forti, non estreme ma quasi; comunque decisamente nazionalistiche. Proprio per questo ricevevo il più delle volte critiche feroci, che bollavano il mio nazionalismo come un refuso di un’ideologia vecchia e, soprattutto, morta.

Ora ho finito l’Università, gli ardori della prima gioventù se ne sono andati e con loro anche un pò di capelli e di pensieri nazionalistici. La maturità arriva per tutti e, per fortuna, ho iniziato ad intraprendere un cammino verso posizioni più moderate.

Eppure, proprio mentre scrivo questa di mia “conversione”, impazza una nuova onda nazionalistica. La crisi dell’euro, la crisi politica e istituzionale italiana hanno concesso spazio a tante diverse voci che, in modo diverso, gridano il bisogno di una nuova sovranità monetaria e decisionale. I concetti principali di questo fenomeno sono fondamentalmente due: uscire dalla moneta unica per tornare alla lira e rivoltarsi contro una Germania sempre più ingombrante e “cattiva” (qui si potrebbe aprire una parentesi sui corsi e ricorsi storici dei tedeschi ma, dato che i precedenti hanno portato a due guerre mondiali, speriamo che questa volta il buon Gian Battista Vico si sia sbagliato).

Il nuovo nazionalismo abbraccia non solo estremismi di destra ma, per la prima volta, anche di sinitra. Un dato preoccupante che dovrebbe farci riflettere sulla natura di questo sentimento. Non si tratta qui di fervore adolescenziale, non è il caso di una precisa teoria filosofica, il nuovo nazionalismo è causato dalla paura della crisi, dal populismo e dall’ignoranza, dalla demagogia di alcuni strilloni che pensano di poter salire al governo sbandierando soluzioni apparentemente facili.

I miei personali dubbi sul diritto comunitario e, in particolare, sulla struttura dell’Unione Europea restano vivi e inattaccati. Ma non è questo il momento di fare marcia indietro.

L’Unione Europea non è uno stato federale, non è un’organizzazione intergovernativa, non ha un parlamento democratico (la Germania ha 96 deputati contro i 22 della Grecia), non ha un debito unico, non ha l’approvazione della maggioranza dei cittadini, non attua politiche che favoriscano la ricrescita economica e l’identità dei singoli Stati (secondo loro a Napoli non si dovrebbero usare i forni a legna per fare le pizze..bah!), è in termini fantozziani “una cagata pazzesca“, ma a tutto questo dovevamo pensarci prima, quando eravamo ancora sovrani e ricchi. Adesso no, adesso il matrimonio è bello e fatto e quindi la soluzione va cercata insieme. Non dobbiamo essere noi italiani a stampare moneta, è la Banca Centrale che deve farlo; non dobbiamo essere noi ad attuare una politica di austerità, sono le istituzioni comunitarie che devono favorire politiche per la crescita dato che questa crisi è anche frutto della loro sciagurata struttura poco democratica e lungimirante.

Solo quando la tempesta sarà passata e l’Italia, la Grecia, la Spagna godranno nuovamente di un discreto stato dell’economia si potrà discutere tutti insieme, tedeschi, italiani, portoghesi, danesi ecc., in modo ponderato, se restare nell’euro, se aumentare l’integrazione comunitaria e creare un vero Stato federale dove tutti sono uguali, o se fare un passo indietro. Ma tale decisione dovrà essere presa in perfetta armonia e condivisione, senza remore e senza avere l’acqua alla gola.

L’unico nazionalismo quindi che adesso possiamo supportare, è quello europeo.

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