Referendum Sì, Referendum No: Referendum No. E’ durato più di vent’anni lo scontro tra animalisti e cacciatori in Piemonte e non è ancora finito. Domenica 3 giugno i piemontesi si sarebbero dovuti recare alle urne per esprimere un parere sulla caccia. Un Referendum che ha radici lontane, si parla di metà degli anni ottanta, e che si poneva l’obiettivo di limitare l’attività venatoria nella regione.
Succede però, in sintesi, che la Giunta regionale guidata da Cota decide per il non accorpamento del voto amministrativo con quello referendario, creando la giusta scusa per premere sull’opinione pubblica e cancellare nuovamente la consultazione che i tribunali avevano deciso che dovesse essere fatta. “Il Referendum ha un costo eccessivo ed in un momento di crisi sarebbe irresponsabile farlo” – diceva la maggioranza regionale. Succede dunque che in sede di approvazione del Bilancio viene abrogata la legge regionale sulla caccia e non essendoci più una legge non può esserci neppure più un Referendum.
Il Piemonte ad oggi si trova senza una legge regionale che regoli l’attività venatoria e dunque con un enorme buco legislativo. Gli animalisti che si erano battuti per una legge che limitasse l’attività venatoria si ritrovano cornuti e maziati perché adesso è in vigore quella nazionale che è meno restrittiva e ovviamente non può prevedere tutte le ecezioni piemontesi.
Domenica 3 giugno a Torino ci sarà una grande manifestazione contro la caccia che partirà alle 15.30 da Corso Bolzano per arrivare in Piazza Castello. Una manifestazione per dire no alla caccia.