Nel nostro Paese la democrazia parlamentare è periodicamente soggetta a feroci critiche e sui giornali leggiamo spesso i papponi sempre uguali di coloro che propongono il passaggio al presidenzialismo.
Sono sempre stato convinto della superiorità del sistema parlamentare: offre solide garanzie alle minoranze e permette, a parità di condizioni, un grado di rappresentanza maggiore. Vista però la pessima qualità della sua declinazione italiana, è comprensibile che i progetti di riforma in senso presidenzialista riscuotano una certa attenzione. Si tratta tuttavia di attenzione immeritata.
Un sistema normativo a difesa delle libertà individuali è efficiente se dà gli incentivi giusti, minimizza i costi di coordinamento ed attribuisce poteri e responsabilità in modo chiaro. Quello presidenziale puro, con l’autonomia dell’esecutivo dal legislativo e la sua dipendenza dal Presidente della Repubblica, diluisce la sovranità popolare attribuendola in parte al Parlamento e in parte al Presidente. è un sistema complesso, che può prestarsi a degenerazioni autoritarie. D’altro canto quello parlamentare, nella sua formulazione attuale, non riesce più a stare al passo con l’evoluzione della società. Il meccanismo della navetta, la doppia approvazione della stessa norma da parte di ogni camera, rende l’attività legislativa troppo lenta.
Va recuperato lo spirito del principio liberale della divisione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario, teoricamente separati, sono in realtà caratterizzati da dinamiche differenti.
Infatti, in quasi tutti i paesi occidentali, potere esecutivo e potere legislativo appartengono alla stessa parte politica. Questa coincidenza garantisce la governabilità del paese e non deve quindi essere eliminata: sarebbe però opportuno introdurre dei correttivi.
Come sa bene Spiderman, “da un grande potere derivano grandi responsabilità”. Il problema è assicurarsi di poterli collegare in maniera trasparente.
In Italia, ma anche in altri paesi, il potere legislativo è condiviso da Camera, Senato e Governo. Il Parlamento, la cui azione è ostacolata da alti costi di transazione, è costretto ad “esternalizzarla” al Governo, che legifera per decreto. Il Governo dunque dispone dei poteri legislativo ed esecutivo, ma è responsabile solo di quest’ultimo.
Come porre fine a questa situazione? Basta prendere due provvedimenti:
1) Abolire il Senato
2) Inserire un limite annuale ai decreti che il Governo può emanare
L’abolizione del Senato permetterebbe di velocizzare l’attività del Parlamento e quindi di rimetterlo al centro della vita politica. Gli svantaggi sarebbero praticamente inesistenti: il Senato ha da tempo esaurito la sua funzione storica, essendo fortunatamente scomparsa la distinzione tra nobili e rappresentanti del Terzo Stato.
Il limite ai decreti governativi restituirebbe alla Camera gran parte dei suoi poteri e costringerebbe il Governo a fare uso del potere legislativo solo nei casi di effettiva urgenza.
L’approvazione di una legge sarebbe molto più rapida e tutti saprebbero a chi imputare la responsabilità politica di un determinato atto. Ovviamente fare leggi rapidamente serve a poco se le leggi sono stupide: ma questo è un altro discorso.