Di complemento ad un mio articolo dell’altro ieri su Linkiesta, che aveva per oggetto la presentazione del programma elettorale di Tsipras e di SYRIZA, aggiungo un elemento che ho omesso dall’articolo stesso, un tweet che mi è saltato agli occhi ieri, e un paio di considerazioni sull’elettorato di SYRIZA.
Aprendo la presentazione del programma venerdì scorso, il moderatore ha citato tre nomi, cui SYRIZA si richiamava o mandava i suoi saluti. Chávez, Palestina, Cuba, Hollande. Per quanto riguarda l’ultimo, è stato appunto semplicemente inviato un saluto, e un auspicio di buona fortuna per l’applicazione del programma. Ma era evidente il desiderio di far balenare l’idea di una sponda politica anti-memorandum guardando all’Eliseo.
Beh, pare che il rapporto non sia proprio reciproco: si veda un tweet di ieri (http://www.telegraph.co.uk/finance/financialcrisis/9309724/France-warns-Greek-euro-exit-on-the-agenda-ifa-bailout-measures-not-imposed.html) mi ha fatto notare che la Francia ha ben poche intenzioni di giocare il gioco anti-memorandum di SYRIZA. Nell’articolo si riporta che il ministro delle finanze francese Pierre Moscovici ha definito come sicuramente in agenda l’uscita della Grecia dall’euro se la Grecia non rispetta gli impegni presi. Nulla di nuovo, insomma, nonostante il cambio di governo in Francia. La sponda è puramente ideale, il viaggio Atene-Parigi, in questo caso, è di sola andata.
Quello che sono riuscito a capire di SYRIZA negli ultimi mesi è che esso è un partito che nasce da anime molto diverse, confuse. Excomunisti, eurocomunisti, nuova sinistra ecologista, fuoriusciti del PASOK che tentano di riciclarsi in qualche modo perché hanno votato contro il memorandum (ad es. Louka Katseli: http://www.loukakatseli.gr/σελίδα/louka-katseli) e che appoggiano da fuori o da dentro il movimento di SYRIZA.
Inoltre, domande fatte in giro, soprattutto ad Atene e Salonicco, mi hanno mostrato un elettorato a due strati. Un primo strato, nocciolo duro della sinistra greca extra- e pre-PASOK, che non è di particolare sorpresa. Moltissimi di questi sono impiegati pubblici, ovviamente molto colpiti dalle misure di austerità fiscale. Poi c’è però almeno un altro strato, cioè i tantissimi che hanno votato contro il PASOK e Nea Demokratia, il qui cosiddetto dykommatismós, bipartitismo. Tanti che, quando le cose andavano bene, votavano PASOK, ad esempio, e tanti che non votavano o non a sinistra. Tutti ora discretamente -e giustamente- inviperiti per il punto a cui si sono sentiti portati, per gli scandali e la corruzione sollevati.
Insomma, il punto è che Tsipras, con il suo rifiuto di compromettersi direttamente e indirettamente con il memorandum, si trova a raccogliere un numero sorprendentemente alto di consensi nuovi, e compattare quelli vecchi. Ma, nello sviluppo delle trame elettorali, un fattore da non sottovalutare è la paura: molti in Grecia (soprattutto i negozianti, e tutti coloro che hanno una qualche attività economica) hanno ora paura di cosa potrebbe succedere se intorno, al 18 giugno,il paese si svegliasse ancora ingovernabile. Paura che ovviamente morde molto meno il pubblico impiego, che vede più la gravità della situazione attuale che quella, potenzialmente ancora più grave, di ciò che potrebbe accadere. Un bel cul de sac, da cui nessuno sa come uscire.