Africa CallingBinyavanga Wainaina e il mondo che verrà

Aprire il giorno prima un blog che pretende di parlare di Africa e imbattersi il giorno dopo in un pezzo dal titolo “Come non scrivere di Africa nel 2012 – una guida per principianti” è una coinci...

Aprire il giorno prima un blog che pretende di parlare di Africa e imbattersi il giorno dopo in un pezzo dal titolo “Come non scrivere di Africa nel 2012 – una guida per principianti” è una coincidenza che non si può certo ignorare.

L’autore dell’articolo è Binyavanga Wainaina, giornalista e scrittore kenyano non nuovo a questo tipo di iniziative.

Sarcastico e politicamente scorretto, Wainaina si rivolge ai giornalisti occidentali e, di riflesso, anche agli operatori umanitari, “loro vicini di casa e compagni di tennis”. “Nairobi – scrive – è un buon posto per essere un corrispondente straniero. Ci sono voli frequenti per il più vicino genocidio e ci sono prati verdi, campi da tennis… pancetta di maiale”.

Per Wainaina, giornalisti e cooperanti, che ogni settimana pranzano insieme “per identificare i problemi più urgenti”, sono “brave persone che credono nel multiculturalismo, convinte che i politici siano il male… figli dell’epoca dei diritti umani, ragazzi del dopo-guerra fredda nel quale non ci sono ideologie”.

Peccato che, nella loro visione, gli stati africani abbiano cessato di esistere nel 1991, dopo la caduta del muro di Berlino. Da quando sono iniziate le preoccupazioni umanitarie degli occidentali, spiega lo scrittore, la nuova mappa continentale disegnata da questo tipo di persone è composta da tre sole zone.

Ci sono i piccoli bagliori di “terribilità” (Mugabe e la Somalia, per fare due esempi), i piccoli bagliori di “meravigliosità” (Mandela e la Coppa del Mondo in Sudafrica per farne solo altri due) e “il resto”. Un enorme spazio indistinto dominato dai signori della guerra, che aspetta solo che le organizzazioni non governative arrivino per fare dell’empowerment e trasformare questi luoghi in posti adatti per studenti in gap year e backpackers.

Logico, quindi, che gli abitanti del “resto” guardino altrove, alla ricerca di nuove partnership: “la Cina non è un angelo, ma almeno considera l’Africa una parte essenziale del mondo che verrà”.

Insomma, secondo Wainaina, l’impetuosa – e spesso preoccupante – ascesa del dragone in Africa è figlia anche del modo di scrivere e pensare di giornalisti e cooperanti. Questo è chiaro. Al giovane blogger, però, una domanda rimane: dopo tanti esempi negativi, come scrivere di Africa nel modo giusto?

(nella foto, lo scrittore Binyavanga Wainaina – guardian.co.uk)

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