Bando agli indugi. Abbiamo deciso di lanciarci, vogliamo scrivere. Abbiamo anche capito per chi scrivere. Il passo successivo è mettersi al lavoro e cominciare a sporcarsi le mani. Ok, ma di cosa occuparci? Dove trovare lo spunto iniziale? Nessuna idea è giusta e nessuna è sbagliata a priori. Tutto potenzialmente può diventare argomento di un libro di narrativa.
In Guerra e pace Lev Tolstoj racconta la storia di due famiglie durante la campagna napoleonica di Russia. Virginia Woolf fa di una agognata gita al faro la trama del suo libro più famoso. Ne Il vecchio e il mare Ernest Hemingway si limita a raccontare una difficile battuta di pesca. Cormac McCarthy mette in scena un padre e un figlio in marcia dopo una catastrofe planetaria. Idee tutto sommato elementari. Anche un bambino di cinque anni sa, però, che questi autori hanno maneggiato roba molto più magmatica e polisemica di quanto non emerga dai miei drastici riassuntini. Tuttavia l’idea dalla quale sono partiti è quella che possiamo sintetizzare, appunto, in poche e secche parole. E idee di questo tipo possono venire a chiunque, coraggio, siamo ancora in ballo.
Da dove cominciare allora la ricognizione in cerca di spunti? In primis, le cose conosciute. La nostra vita è il luogo da scandagliare subito. Ci viene abbastanza naturale farlo. Episodi della nostra quotidianità, personaggi curiosi nei quali ci imbattiamo, desideri stagionati e frustrazioni recenti si offrono alla nostra attenzione perché ci siamo immersi fino al collo. Non è detto, però, che possano interessare i restanti sei miliardi di potenziali lettori che abbiamo sparsi per il mondo, a loro insaputa. E anche quando qualcosa di stravagante, divertente, drammatico la nostra micragnosa vita la contenga, evitiamo di farne una mera trasposizione letteraria. Il rischio di calco integrale è sempre dietro l’angolo.
Poi le cose vicine. Tipo i grandi classici. Contengono già praticamente tutti i possibili libri che verranno scritti. La storia della letteratura in fondo è l’insieme di variazioni sugli stessi due/tre plot che ci raccontiamo da circa 2500 anni. Copiare non solo è lecito, ma pure inevitabile. Per i più perversi e ambiziosi contiene una sfida subliminale: tentare di eguagliare o superare gli dèi dell’Olimpo della narrativa.
Le cose segrete. Henry James diceva che il bravo scrittore è quello che sa «intuire le cose nascoste alla vista». Anche ciò che ci sta sotto il naso ha una parte in ombra, una lacuna, un non detto. Mi sono sempre chiesta, per esempio, cosa succede fuori dagli articoli di cronaca. Mi spiego meglio: i giornali sono pieni di omicidi, processi, incidenti, catastrofi naturali. Ogni pezzo oltre ai protagonisti coinvolge spesso attori minori che emergono dal loro anonimato per un paio di righe e poi vengono risucchiati dall’ombra. Commissari di paese, colf traditrici, investitori fuggiaschi, vicini di casa di insospettabili e sanguinari assassini, assistenti sociali dei quali non viene indicato neanche il nome. E potrei continuare ancora a lungo. Ognuno di loro ha potenzialmente una storia interessante. In molti casi, possiamo metterla in piedi noi a partire dalle briciole di cronaca che abbiamo in mano. Stesso discorso per la storia: troviamo un episodio che ci interessa e insinuiamoci subito nelle lacune, negli snodi non chiari o nei dettagli che non sono stati definiti. Sono i posti migliori dentro i quali innestare un nostro racconto/romanzo.
Le cose lontane, infine. Se amo complicarmi la vita (o se sconto gli effetti di un’insolazione), potrei volere raccontare la storia di una famiglia Inuit. In quel caso, però, dovrò fare un lavoro rigorosissimo di documentazione. Non posso descrivere una comunità eschimese come se parlassi del mio gruppo parrocchiale di Cremona.
Abbiamo trovato l’idea giusta per il nostro ipotetico libro? Non lo sapremo mai finché non ci metteremo davvero a scrivere. E occhio agli imprevisti. Non è escluso che a un certo punto l’idea compia un colpo di stato e ci conduca lei a spasso dentro il nostro romanzo.