Il BureauGermania – Portogallo, questione di spazio vitale

di Stefano Gentile La trama  Al grido di «conquistiamo lo spazio vitale ad ovest» i panzer tedeschi si posizionano sul confine Ucraino per riprendere un discorso interrotto 7 decadi fa, cercando di...

di Stefano Gentile

La trama
Al grido di «conquistiamo lo spazio vitale ad ovest» i panzer tedeschi si posizionano sul confine Ucraino per riprendere un discorso interrotto 7 decadi fa, cercando di fare breccia a Leopoli, città di frontiera che nell’arco della sua storia è stata ucraina, polacca, asburgica, ancora polacca, tedesca (appunto), sovietica, ancora ucraina.
C’è gente che non sa più che lingua parlare visto che ha cambiato nazionalità 4 volte solo negli ultimi 70 anni.
Tranne i polacchi.
Perché non ce ne sono più. Qualsiasi paese dominasse la città, la prima preoccupazione era organizzare un soggiorno vacanza ai polacchi rimasti, perché stavano sul cazzo a tutti. Persino quando la presidenza di turno toccava alla Polonia. Unici polacchi ammessi sono i due che giocano nelle file della Germania, donati dal governo polacco a quello tedesco come risarcimento per non essere rimasti sotto il loro dominio.

I tedeschi, che d’ora in poi chiamerò i Campioni d’Europa (perché di ‘sti tempi è meglio non contraddirli) si presentano con la tracotanza e la spocchia tipica di chi è tornato a decidere chi deve vivere o no in Europa, e lo fanno capire a chiare lettere, entrando in campo a passo d’oca. Dall’altra parte si presenta un solo giocatore, quello che, se i gol fossero tramutati in bond, avrebbe segnato l’equivalente del prodotto interno lordo del Lussemburgo. Ad ogni tentativo di sfondamento portoghese, i Campioni d’Europa ricordano loro che, se è vero che i bancomat lusitani sganciano ancora soldi a differenza di quelli dei vicini spagnoli, si fa presto a far di tutta l’erba un fascio.
E gli impomatati subito si redimono.

La partita, nonostante la veemenza e la supremazia teutonica scivola ben presto nella noia a tal punto che preferisco intervallarne la visione con il discorso della Merkel sulla necessità di unire tutti i paesi europei sotto un unico credo politico (tedesco), oltre che monetario, a costo di dover rinunciare (gli altri stati) alla propria sovranità nazionale.
E’ chiaro che i portoghesi non sono in linea con le direttive europee, così brillantemente esposte dal leader dei Campioni d’Europa, e non è un caso che la Merkel oggi abbia ribadito un secco «Non faremo pressioni al Portogallo» davanti alla stampa estera, che a molti ha ricordato il celebre «Invadere la Polonia? Ah ah ah, fandonie», passato alla storia come il “misunderstanding di Goebbels”.

Nel frattempo Ronaldo quasi segna, approfittando di un attimo di distrazione dei tedeschi che, ricordandosi che Podolski è polacco, perdono tempo a prenderlo a schiccherate con gli asciugamani. Ma il gol dei bianchi è nell’aria. Lo segna Mario Gomez, di origine spagnola, ceduto alla (leggasi “preso in ostaggio dalla”) DeutchBank dal Banco de Espanã in cambio della sopravvivenza del paese iberico.
Finisce così, come è giusto che sia, il match.

La scena madre
La Merkel che, subito dopo la partita, mette una bandierina sul Portogallo.

Man of the match
Bizzotto. L’unico telecronista Rai che conosce il calcio e l’italiano e che deve espiare qualche colpa immane, visto che è ancora in Rai.

RSVP
Il film “Fatherland” (http://www.imdb.com/title/tt0109779/) di Christopher Menaul con Rutger Hauer in cui si immagina un’Europa, anni dopo la II Guerra Mondiale, in cui la Germania non ha perso il conflitto e governa su tutto il continente.