Lo scrittore rampanteIncipit ovvero l’importanza dell’amo

Quando entro in libreria divento sospettosa. Prendo in mano un libro, do un'occhiata veloce alla copertina, una sbirciata alla quarta, ma non mi fido mai dell'infiocchettamento editoriale. Voglio v...

Quando entro in libreria divento sospettosa. Prendo in mano un libro, do un’occhiata veloce alla copertina, una sbirciata alla quarta, ma non mi fido mai dell’infiocchettamento editoriale. Voglio vedere la sostanza, capire di che stoffa è fatto quel romanzo. Così vado subito all’incipit, quelle prime frasi con le quali l’autore ha la possibilità di colpirmi, sedurmi, adescarmi. L’amo che può utilizzare lo scrittore può essere di tanti tipi e credo che solo degli esempi possano rendere l’idea.

Il primo incipit che propongo è un omaggio all’appena scomparso Ray Bradbury (di cui potete vedere qui un’ampia intervista rilasciata negli anni ’70). L’autore ci porta subito dentro Fahrenheit 451 e dentro la testa del protagonista, il pompiere Guy Montag. L’amo è una domanda semplice che viene introdotta in modo sottile e implicito: “Perché Montag dà fuoco a tutto?” Servirà l’intero libro per scoprirlo e noi lettori saremo disposti ad andare avanti per avere questa risposta.
Era una gioia appiccare il fuoco.
Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d’orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. Col suo elmetto simbolicamente numerato 451 sulla solida testa, con gli occhi tutta una fiamma arancione al pensiero di quanto sarebbe accaduto la prossima volta, l’uomo premette il bottone dell’accensione, e la casa sussultò in una fiammata divorante che prese ad arroventare il cielo vespertino, poi a ingiallirlo e infine ad annerirlo.

Diverso stratagemma usa Vladimir Nabokov in Lolita. Punta tutto sulla protagonista, la evoca prima, la tratteggia tanto quanta basta a farne annusare l’odore, definisce in che rapporto sta con il narratore e vince la sfida: queste righe non le dimenticheremo tanto facilmente.
Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.

Si appoggia più alla trama Gabriel García Márquez nell’introdurci la sua Cronaca di una morte annunciata. Contro ogni convenzione narrativa, l’epilogo della vicenda viene dichiarato nella prima riga del libro. Anche qui la domanda che viene innestata nell’inconscio di noi lettori è “perché?”.
Il giorno che l’avrebbero ucciso, Santiago Nasar si alzò alle 5,30 del mattino per andare ad aspettare il battello con cui arrivava il vescovo. Aveva sognato di attraversare un bosco di higuerones sotto una pioggerella tenera, e per un istante fu felice dentro il sogno, ma nel ridestarsi si sentì inzaccherato da capo a piedi di cacca d’uccelli.

Ancora Márquez si diverte a giocare con i diversi piani temporali nell’attacco di Cent’anni di solitudine (uno dei miei preferiti in assoluto). Ogni parola ci colpisce come una bomba: c’è la sovrapposizione tra il presente e un passato che si può soltanto ricordare, c’è la presentazione del personaggio, c’è un aneddoto preciso, c’è la figura del padre, c’è l’ambientazione in un paese quasi mitologico.
Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.

Ernest Hemingway sceglie un incipit piuttosto classico per Fiesta. Il personaggio viene presentato partendo da ciò che lo contraddistingue, l’essere un pugile. E apprendiamo anche che questa sua peculiarità ha una particolare rilevanza.
Robert Cohn era stato un tempo campione di pugilato di Prìnceton, categoria pesi medi. Non crediate che questo, come titolo pugilistico, a me faccia una grande impressione, ma per Cohn significava molto.

La Trilogia della città di K. di Ágota Kristóf adotta la prima persona plurale per tirarci dentro la storia. Una descrizione sommaria del luogo, un riepilogo delle ultime azioni compiute, un elenco di oggetti importanti. Frasi elementari che contengono però, tutto un mondo.
Arriviamo dalla Grande Città. Abbiamo viaggiato tutta la notte. Nostra Madre ha gli occhi arrossati. Porta una grossa scatola di cartone, e noi due una piccola valigia a testa con i nostri vestiti, più il grosso dizionario di nostro Padre, che ci passiamo quando abbiamo le braccia stanche.

Alza la posta in gioco Italo Calvino in Se una notte d’inverno un viaggiatore puntando tutto sulla metaletterarietà. Messe da parte le convenzioni, parla direttamente al suo lettore e gli dà delle vere e proprie istruzioni per l’uso del libro.
Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.

In medias res comincia invece, La metamorfosi di Franz Kafka. Il fattaccio è già successo e noi lettori non abbiamo altra urgenza che quella di andare avanti. Vogliamo capire e superare così il disgusto che questo incipit ha suscitato in noi.
Gregorio Samsa, svegliatosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo.

Questi che vi ho proposto sono solo alcuni degli incipit che io amo maggiormente e che magari potete prendere a modello. Quali sono invece i vostri preferiti? Postateli pure tra i commenti, magari spiegando perché li considerate significativi.

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