Sarà un esercizio di stile, ma continuiamo a cercare di nascondere dietro un dito un problema grosso quanto una casa. Il nostro paese rotola sempre più in fondo giorno dopo giorno per colpa nostra. I politici che ci hanno governato male li abbiamo votati noi dando consenso ai loro partiti; il tasso di evasione fiscale è elevato perché accettiamo di pagare in nero senza richiedere scontrino e ricevuta; siamo noi che non paghiamo le tasse; siamo noi che ci affidiamo a chi ha le soluzioni semplici ignorando quelle più complesse e benefiche; siamo noi che pretendiamo quel che sappiamo non ci spetti di diritti.
Sul bus, uno di quei luoghi-non-luoghi, lo spaccato del paese è limpido. Io odio la maleducazione e credo che la maleducazione sia uno dei nostri principali problemi. E’ presto, sono le 8.30 circa del mattino: sale una scolaresca, hanno 13 anni i bambini, le maestre molti di più. Io leggo. Di fronte a me si sistema un ragazzino, in piedi, che estrae dallo zainetto uno yogurt. Comincia a mangiare. Se lo gusta. Lo lecca. Pulisce il cucchiaino. Getta la cartaccia per terra. La maestra vicina a lui osserva tutta la scena in desolante silenzio.
Lo stesso ragazzino si sposta e si siede di fiano a me dopo aver scalciato un vecchietto. Una volta seduto comincia a prendermi a gomitate, ma ci passo sopra perché sono curioso di sentire i discorsi che fanno tra di loro i tredicenni. “Io da grande voglio vendere sigarette in strada” – dice uno. Il dibattito si accende. Chi sostiene che non si può, chi invece che “si fanno un mare di soldi con tutti quelli che fumano”.
Io scendo dal bus e penso. Sarò perbenista, ma se quella professoressa invece di stare zitta a guardare il vuoto si fosse avvicinata al ragazzino e gli avesse detto di raccogliere la carta, non scalciare e che il contrabbandiere non è un mestiere, forse avrebbe assolto il suo ruolo nel miglior modo possibile. I prof non servono solo per fare i pappagalli di quello che si può leggere su un libro, dovrebbero introdurci al mondo.