Uno degli ambiti in cui i social network stanno cambiando le regole del gioco è il mondo del lavoro.
Il recruitment passa sempre di più attraverso il web. A darci qualche insight su questo settore è l’indagine “Reputazione digitale e social recruiting in Italia” promossa da Adecco e condotta con Reputation Manager a cui hanno collaborato per l’analisi dei dati Ivana Pais – Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Martina Carlino – Università degli Studi di Brescia. La ricerca è stata svolta online in Italia fra novembre 2011 e gennaio 2012 e vi hanno partecipato 9.100 candidati e 503 selezionatori. Il 49% delle aziende utilizza i social network come strumento di recruiting, soprattutto quelle di dimensioni maggiori. A queste corrisponde un 47% dei candidati che cerca lavoro proprio attraverso i social network. Le imprese preferiscono LinkedIn, i candidati Facebook e il blog per trovare occasioni di lavoro ma anche per costruire una reputazione personale online. Fra i candidati che non utilizzano i social media per questa finalità la principale motivazione (28%) è il timore della compromissione della privacy anche se il 49% ammette che li intende utilizzare in futuro. I candidati si rivelano attenti alla privacy: il 22% ha un profilo pubblico mentre il 39% ha impostato livelli diversi di privacy in funzione del contatto e il 27% ha reso il profilo visibile solo a contatti diretti e approvati. Tutti i risultati sono qui anche sotto forma di infografica.
L’utilizzo dei social network sul lavoro è un secondo aspetto da considerare. Uno studio condotto da hyphen recruitment outsourcing mi ha colpito perché chiama la fascia d’età dei 16-24enni, ovvero quella che sta facendo il suo ingresso nel mondo del lavoro adesso, la “Generazione Facebook” proprio perchè ha una mutata sensibilità rispetto ai lavoratori più anziani sull’utilizzo dei social network sul lavoro. Secondo questa ricerca condotta su un campione di 1000 lavoratori inglesi, infatti, il 47,8% dei lavoratori più giovani (16-24 anni) non lavorerebbe per aziende che impongono misure restrittive riguardo all’utilizzo di social network come LinkedIn sul lavoro. La percentuale diminuisce con il crescere dell’età: il 28,3% dei 35-44enni e il 19,8% dei 45-54. Il 58,7% della “Generazione Facebook” ritiene che accedere ai social network al lavoro accresca la loro efficienza come lavoratori. Un terzo del campione (31,3%) non spende inoltre tempo sul lavoro per faccende personali e il 55,1% spende meno di 10 minuti per questo.
In effetti molti di coloro che utilizzano LinkedIn lo implementano proprio grazie ai rapporti lavorativi, come agenda e come modo per rimanere in contatto con le persone conosciute anche indipendentemente dai cambiamenti di lavoro. Non sono è da escludere, inoltre, che i contenuti a cui si accede tramite social network possano costituire una fonte di informazione e di aggiornamento professionale soprattutto per certi settori.
Sul fronte aziende troviamo invece una tendenza opposta: uno studio di Gartner riporta che il 60% delle aziende si aspettano di qui al 2015 di implementare programmi di monitorare i social media esterni per questioni di sicurezza ed evitare incidenti.
Consigli pratici? Dalla ricerca di Adecco si evince che le aziende preferiscono curriculum online curati e professionali, con una personalità proattiva in cui contano anche i commenti e le referenze espresse dai propri contatti. Quindi attenzione ad aggiornare sempre il curriculum anche online e a selezionare con cura i contenuti da inserire. E’ utile poi chiedere ai propri colleghi o ex colleghi una referenza (su LinkedIn si chiama “recommendation”). Per gestire i contenuti maggiormente privati è consigliabile usare Facebook o Google+, dove si può differenziare il livello di privacy e di visibilità dei contenuti rispetto ai contatti. Data la loro natura di spazio pubblico è preferibile invece controllare adeguatamente i contenuti postati su blog, Twitter (ma anche in questo caso è possibile creare un profilo protetto accessibile solo previa richiesta) e, ovviamente, LinkedIn. Ma tutto questo, ovviamente, dipende dall’uso che vogliamo fare dei social network e dall’immagine di noi che vogliamo dare al nostro reclutatore. I dati riportati non escludono infatti che in numerosi contesti i canali di selezione del personale siano ancora quelli tradizionali. Se al momento in Italia le urgenze rispetto alla regolamentazione del mondo del lavoro sono ben altre, più urgenti e importanti, possiamo però immaginare che la cura dei propri social network, soprattutto nei settori dove è cruciale mantenere una reputazione digitale per le aziende ma anche per i lavoratori, possano entrare nel pacchetto dei benefit lavorativi.