Nel mirinoLa iper-informazione e il dilemma del prigioniero

Screenshot del sito della BBC domenica 27 maggio 2012 - la fotografia è di Marco di Lauro scattata in Iraq nel 2003.   Venerdì 25 maggio in Siria è avvenuto un massacro, ad Hula sono stati uccisi ...

Screenshot del sito della BBC domenica 27 maggio 2012 – la fotografia è di Marco di Lauro scattata in Iraq nel 2003.

Venerdì 25 maggio in Siria è avvenuto un massacro, ad Hula sono stati uccisi 108 civili fra cui 49 bambini e 34 donne.

la Domenica seguente il sito della BBC per illustrare la strage Siriana ha utilizzato erroneamente una fotografia di Marco Di Lauro, pluripremiato fotoreporter, scattata in Iraq nel maggio 2003, attribuendola a un militante ribelle.

La fotografia di Di Lauro è molto forte: un bambino salta su un mucchio di cadaveri, è un’immagine incredibilmente efficace, rende bene l’idea, ma è un falso giornalistico, e non è accettabile che la BBC faccia un errore simile.

La foto è stata prontamente rimossa e la BBC si è scusata ma un errore del genere risolleva una serie di questioni mai risolte da quando “L’informazione come lezione sta lasciando spazio all’informazione come conversazione “, come osservava nel 2004 Tom Curley, direttore di Associated Press, ovvero da quando la natura interattiva di internet, con i social network, twitter, i blog, i commenti agli articoli ha portato alla nascita del “citizen Journalism”, il giornalismo collaborativo.

Quello che mi stupisce è che la suddetta immagine non era neanche di un citizen journalist, ma di un conosciutissimo fotoreporter con tanto di sito internet, sarebbe quindi bastato fare una ricerca immagine con google per risalire alla fonte.

Insomma un errore imperdonabile per un organo di stampa, una superficialità ancora più inaccettabile nell’era del giornalismo collaborativo, perchè il punto di forza della stampa tradizionale rispetto ad esso dovrebbe proprio essere l’affidabilità e la credibilità per quanto riguarda il controllo delle fonti e dei fatti.

Non è la prima volta che accade, successe anche con le immagini di un normale cimitero libico, con tombe prescavate in cemento, pubblicate da molti quotidiani italiani come fosse comuni.

Credo che la nuova massa crescente e fluida dell’ informazione abbia dato alla testa a molti, bisogna ancora assestarsi, capire in che direzione andare.

Pensavo alla “Teoria dei giochi” e in particolare al “dilemma del prigioniero” che credo sia applicabile anche alla tentazione di pubblicare notizie false su internet, essendo internet un “gioco” ripetuto all’infinito, questa ripetitività dovrebbe funzionare da detterrente, scongiurando la pubblicazione di notizie false, per non incorrere in smentite.

Se io non “collaboro” pubblicando una notizia falsa, l’altro a sua volta non collaborerà pubblicando a sua volta una smentita o un’altra notizia falsa che potrebbe danneggiarmi, la sola possibilità che questo accada dovrebbe portare a un equilibrio razionale conveniente.

Ma la realtà è che siamo immersi continuamente in un magma, dove le notizie sono onde e si vampirizzano l’un l’altra senza lasciare tracce, niente resta, sedimenta.

I meccanismi di autoregolazione ultimamente sembrano fare acqua da tutte le parti, come la mano insivibile di Adam Smith che sembra ormai preistoria chi davvero segue una notizia dalla sua nascita alla sua trasformazione? In quanti davvero approfondiscono? In queste condizioni l’importante è spesso solo arrivare per primi, spararla anche grossa e lasciare che tutto si perda.

Platone nel Fedro metteva in guardia dalla scrittura, che in quanto protesi della memoria avrebbe favorito l’oblio, oggi Platone sarebbe disperato.

Con il giornalismo collaborativo, come tutte le cose che iniziano, c’è stato grande entusiasmo, si è parlato di democratizzazione dell’informazione, pluralismo, possibilità di avere notizie da qualsiasi fronte, tutto vero, ma è anche vero che ci sono tantissime persone che commentano gli articoli solo per offendere o attirare l’attenzione, e, molto più grave, non dimentichiamo che se gli organi di stampa tradizionale hanno spesso dei “padroni” e quindi delle agende da seguire, anche i singoli hanno le loro personali agende, i loro interessi, meno trasparenti degli organi di stampa, difficilmente identificabili e quindi più pericolosi, il rischio che l’informazione diventi sempre più vittima della propaganda è estremamente verosimile.

In questo clima i giornali devono essere inattaccabili, devono essere le fonti a cui tutti guardiamo per verificare una notizia letta su twitter, facebook o qualche blog.

Tornando al massacro di Hula, il The Times ha fatto una scelta fotografica coraggiosa, pubblicando la fotografia di un bambino morto adagiato dentro un lenzuolo con un motivo di stampe floreali, macchiato di sangue all’altezza della piccola testa, il viso di tre quarti, la didascalia legge: Houla, Syria. One of 49.

E’ una fotografia che fa veramente male, il credito sul The Times leggeva AP, sono andata quindi sul sito di AP e ho visto la sequenza di immagini da cui si evince chiaramente che questi bambini sono stati uccisi uno a uno crudelmente, sono immagini forti, di quelle che ti contraggono lo stomaco e il viso.

Il credito delle foto su AP legge : THE ASSOCIATED PRESS IS UNABLE TO INDEPENDENTLY VERIFY THE AUTHENTICITY, CONTENT, LOCATION OR DATE OF THIS CITIZEN JOURNALISM IMAGE.

E’ difficile avere un’opinione su cosa sia giusto fare, anche in questo caso non possiamo risalire con chiarezza alla fonte, è un rischio che si sceglie di correre con responsabilità, una scelta coraggiosa, forte, sicuramente diversa dal dilettantismo dimostrato dalla BBC che pubblica una foto di un pluripremiato fotografo professionista.

Resta il fatto che purtroppo le fotografie non ci dicono chi ha commesso la strage, i superstiti così come la comunità internazionale e l’Onu incolpano le forze governative di Assad mentre lui utilizza le stesse immagini che lo incriminano per strumentalizzare il massacro addossandone la responsabilità ai ribelli.

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