La parola è stata sotto i riflettori della cronaca politica recente, non ci si può esimere dal dedicare qualche pensiero alla questione. Tanto più che il genere del Burlesque, intrattenimento a metà tra teatro, danza e performance erotica, è tornato in auge negli ultimi anni. In particolare il 2010 è stato un anno d’oro per il burlesque, anno di uscita del film diretto da Steven Antin e interpretato da Cher e Christina Aguilera e della partecipazione a Sanremo dell’elegante e sensuale Dita von Teese (pseudonimo di Heather Renée Sweet), star acclamata e icona fashion con un cognome scelto dall’elenco telefonico e un nome d’arte ispirato all’attrice degli anni Quaranta Dita Parlo. Il burlesque che piace a noi non è propriamente quello dei festini (più reali che presunti oramai) di Arcore. Piuttosto proprio il cabaret dell’americana Dita. Lontano dalla volgarità che rischia di insinuarsi nell’immaginario comune a causa del recente abuso del termine, il “neo-burlesque” della Von Teese sembra rifarsi all’arte antica della seduzione, che evoca le cerimonie del tè delle geishe giapponesi: ogni movimento è infatti curato nel minimo dettaglio e anche solo sfilarsi un guanto diventa un gesto rituale pregno di significato. A.B.
Come scrive la mia amica MT, “ci mancava solo la lezione di burlesque, la ciliegina sulla torta!”. E c’ha ragione, c’ha, la mia amica MT. Ma io sono fatta così. Mi chiama, un giorno, C., l’altra mia amica, di Londra, che deve avere la testa un po’ come la mia. Quando C. ed io ci siamo presentate, la prima volta, è stato così: “Ciao, io mi chiamo Allegra, sono una giornalista, blogger, e ho una figlia di 3 anni che si chiama Viola“. Dall’altra parte, C. diceva “Ciao, io mi chiamo C., sono una giornalista, blogger, e ho una figlia di 3 anni che si chiama Viola“. Lei bionda, io bruna, ci siamo iscritte, dietro suo spassionato consiglio, al corso di burlesque, qui, a Londra.
Il sito web della scuola scelta dalla mia amica, dava un ventaglio di opzioni su balli e balletti niente male, ma le parole che introducevano il nostro corso, erano le più allettanti di tutte, per due come noi che pensano solo a divertirsi: “Taster – Principianti – Burlesque: Se volete aumentare la fiducia in voi stesse, creare una migliore immagine del vostro corpo, migliorare la postura o imparare un nuovo modo di vivere, allora il Burlesque ti può aiutare: impara a fare del burlesque una tua routine, che comprenda ricerche prop (accessori) e coreografia classica e otterrai un risultato in tema burlesque degno di una showgirl. Prenota e vieni ad assaporare il corso!“. Basta scrivere “se vuoi imparare ad esser zoccola, questo corso fa per te“. Ma forse suonava male.
Assaporare? Ce lo siamo mangiate in un sol boccone, la mia amica ed io, il corso di burlesque. A dire il vero, quelle parole, tipo “showgirl”, che sapevan molto di velina arrapata, ci spaventavano non poco. “C. pensiamoci bene, siamo Italiane, non voglio associazioni di idee tipo berlusconi-minetti-noemi-ruby-bunga-bunga eh” (anche se qui, poi, lo chiamano banga-banga). C. sgrana gli occhi come per dire “ma tu sei pazza, porella, io vado a divertirmi tu resta pure con i tuoi cliché-sensi-di-colpa-associazioni-sfigata”. Touchée. E burlesque sia. Che le danze abbiano inizio.
Primo dilemma (dopo quello dell’associazione col berlusca-mondo-luccichino-stile-mediaset-striscia-la-notizia-non-sono-una-signora-una-con-tutte-stelle-nella-vita): come ci si veste per andare al tuo primo corso di burlesque? Avevo proposto a C. una vestizione in diretta su skype, ma con due bambine-vandalo di 4 anni (ormai), la mia idea sembrava, piuttosto, un’impresa. E poi, la mia Viola era già nel dirty dancing fino al collo col suo compagnuccio cinesino, ci mancava solo che vedesse la mamma vestirsi da burlesque ed eravamo a posto. Lei, piccolo cuoricino indifeso, non avrebbe mai potuto capire che esser zoccola per qualche ora, alla mamma, avrebbe giovato. Ne sarebbe senz’altro rimasta traumatizzata. Quindi, porte chiuse, prove di vestizione in camera al telefono. “Apri google image e digita burlesque classes, cosa vedi?” – “Vedo 7 disperate che tentan di esser fighe” – “Mmhhh, tipo noi quindi. Che ne dici della seconda a destra? Potrei esser io quella, mi vesto così allora?” – “Ma ci vogliono i tacchi e il corpetto!” – “Eh ma mica sono Dita Von Teese io (e soprattutto mio marito non è Marilyn Manson)“. “Vabeh dai, fuseaux, top e calzini, ho capito va’, ci vediamo lì fra mezz’ora!“. Partenza ore 19. Autobus numero 30. Opzioni finali dentro la mia borsa: un paio di fuseaux, scarpa decolleté tacco 12, jeans strappati tagliati a shorts stile pubblicità anni 80, top assolutamente burlesque, un vestito, collants scuri da poter utilizzare come fuseaux.
Arrivo al teatro, poco lontano da casa mia, appena in tempo. C. è già lì che mi aspetta. Cosa mi dovevo attendere? Una massa di donne disperate che spera che il burlesque gli cambi la vita? Oppure donne super sexy che usan gli uomini come giocattoli e vogliono solo imparare qualche mossa sexy? E io soprattutto, perché cavolo stavo andando alla lezione di burlesque? La mia risposta l’avevo. Mi mancavano quelle degli altri. Entro. “Eh ma che cavolo, non è giusto, allora ditelo però eh“. La nostra maestra ha 23 anni, è ungherese, ha gli occhi da gatta, è alta 1,60, petite, magra ma perfetta, tonica, massa grassa -100, muscoli +100, glutei d’acciaio e soprattutto….pettorali taglia sesta. Forse settima. Decisamente ottava. Lei è un burlesque vivente. Ma così non si fa eh, è scorretto. Si muove sembra una pantera. Io manco col tacco 12 mi muoverò mai come una pantera. O forse sì. Come dice lei “Mangiateli qvesti uomini, grrrrrrrrrrr“. C. ed io ci guardiamo sempre più divertite, questa lezione è uno spasso, voglio fare subito tutto il corso e sentirmi dire solo frasi come queste “il mondo è ai tuoi piedi, devi solo scegliere”. Fantastico. Addio psicologa, welcome burlesque. E così C. ed io, in quel teatro, davanti a quegli specchi enormi, ci divertiamo a sperimentare il nostro sex appeal ballando come cretine con mosse e mossette, occhi da gatta e immaginandoci un pubblico in fermento tutto maschile e, ovviamente, ai nostri piedi.
La gestualità non è mai volgare, solo un po’, come dire, da “ti-voglio-no-ci-ho-ripensato-ma-ti-rivoglio-ancora-oddio-mi-vergogno-sei-mio”. Ecco, qualcosa del genere. Spudorata, ma timida. Capite? Il corpo è morbido ed è un continuo ondulare, avanzare, per poi ritirarsi, coprirsi e poi scoprirsi (con le mani, non con i vestiti), sorridere per poi esser malinconiche. Ho trovato il bipolarismo anche nel mio corso di danza. Quindi, mi si addice. La musica poi, è avvincente, dà la carica, quella vera, che associata alle mosse, è un mix da stendere chiunque. Potrei proporre un balletto a Linkiesta per la festa del 15. Che ne dite? Io dico, burlesque forever.