Durante la seconda guerra mondiale, l’esercito giapponese rapì migliaia di donne coreane, indonesiane, cinesi e filippine per farle prostituire. Le donne venivano portate in delle cosiddette “zone di comfort” dislocate vicino ai campi di battaglia in Asia e per questo fu dato loro il nome di “comfort women” anche se si trattata di vere e proprie schiave a sfondo sessuale. I dati parlano di circa 200mila giovani costrette a prostituirsi: attirate con l’inganno di un lavoro inesistente o strappate con la forza dalle famiglie. A disposizione dei soldati, queste donne venivano stuprate e sfruttate quotidianamente dai soldati e dai loro superiori. Finita la guerra, una parte delle donne ancora in vita vennero lasciate in Cina, abbandonate a loro stesse. Il fotografo coreano Ahn Sehong ha ritrovato alcune di queste ex schiave, ora quasi 90enni e le ha fotografate. Le immagini avrebbero dovuto far parte di una mostra nel palazzo della Nikon a Tokyo, ma l’azienda all’ultimo ha bloccato l’evento senza dare spiegazioni al fotografo. Da tempo il Giappone rinnega i propri crimini di guerra e in passato anche esponenti del governo hanno negato l’esistenza delle prostitute rapite. Il governo nipponico inoltre non ha mai fatto risarcimenti alle singole persone coinvolte. “All’inizio queste donne mi trattavano come uno straniero e non si fidavano – ha detto Sehong – molte di loro anche se anziane continuano a fare l’elemosina o a vendere oggetti e verdure sugli autobus. Siamo entrati in confidenza e si sono lasciate fotografare. Hanno vissuto da sole per 70 anni dopo essere state sfruttate durante la loro giovinezza. Con queste foto vorrei solo evitare che venissero dimenticate di nuovo”. Anche se la mostra al momento è stata ingiustamente bloccata, possiamo ugualmente osservare queste intense fotografie.
Fonte delle foto: http://ahnsehong.com/