Media e PotereLa storia di Nostrale, quando i bandi sono inutili e il non profit è meglio

I finanziamenti pubblici sono impossibili per le microimprese perchè bisogna avere già i soldi. Gli incubatori? Inutili, ti chiedono i soldi prima. Io i finanziamenti li cerco tra i privati che son...

I finanziamenti pubblici sono impossibili per le microimprese perchè bisogna avere già i soldi. Gli incubatori? Inutili, ti chiedono i soldi prima. Io i finanziamenti li cerco tra i privati che sono disposti a condividere il rischio d’impresa, e mi metto in rete con le altre associazioni non profit. Storia di una startup nata in università, cresciuta in campagna e approdata nell’urbana periferia.

I finanziamenti pubblici sono impossibili per le microimprese perchè bisogna avere già i soldi. Gli incubatori? Inutili, ti chiedono i soldi prima. Io i finanziamenti li cerco tra i privati che sono disposti a condividere il rischio d’impresa, e mi metto in rete con le altre associazioni non profit.

A raccontarci la storia di Nostrale, associazione di promozione sociale che opera nell’agroalimentare è Davide Ciccarese, agronomo ventinovenne, che del progetto è ideatore e creatore. “Era il 2007 e mi stavo preparando per un esame sull’innovazione nell’agroalimentare con un progetto di miglioramento nel marketing e nella vendita dei prodotti a filiera corta tramite la tecnologia del web, quando questi concetti non erano ancora conosciuti e strutturati come oggi”.

“Dopo la laurea avevo due opportunità, proseguire la ricerca con uno spinoff in università o buttarmi subito nella mischia. Grazie al mio professore ho avuto l’appoggio della Provincia di Pavia e di ConfAgricoltura e ho iniziato la mia startup con tre aziende tipo: agriturismo, fattoria didattica e vendita diretta. Per me è stata una grande opportunità, lì ho capito come far funzionare un’impresa e lavorare con le aziende agricole. Insomma, mi sono fatto le ossa”.

Nel frattempo il progetto, che doveva proseguire con un accordo di pubblicizzazione sul sito di Nostrale di tutte le aziende presenti in questa fase di startup, si è modificato quando Acli Lombardia ci ha chiesto di unirci a loro. Ci hanno dato spazi gratuiti ma soprattutto consulenti legali e gestionali per farci crescere. Hanno visto le potenzialità di Nostrale e insieme stiamo imparando a fare un’impresa. Oggi il progetto ha una parte sociale e un’altra molto imprenditoriale che ‘lottano’ per conciliarsi tra loro, e mentre le due anime cercano un compromesso l’Associazione dà lavoro alle persone e, stabilitasi a Milano a Quarto Oggiaro, sta portando la filiera corta in periferia.

Ma quando hai cominciato qualcuno ti ha aiutato in quest’impresa, gli chiedo io. Guarda, siamo partiti in quattro, studenti squattrinati con mille euro a testa, 4000 euro di capitale iniziale che a sentirlo fa ridere… Abbiamo comprato la stampante, il pc, la connessione, un po’ di materiali per gli orti nelle scuole… e abbiamo cominciato facendoci l’ufficio nel box del papà di Fabio, uno di noi, proprio come le startup americane.

E i bandi, avete mai chiesto finanziamenti pubblici? Viola i bandi sono inutili – mi dice Davide. Ma come Davide? Ma Mediaepotere, le startup… perchè? I finanziamenti pubblici servono solo a chi ha già i soldi. Nel 2008 partecipiamo e vinciamo il Bando Start della Regione Lombardia: 14.000 euro per la nostra startup. Bello! Però i soldi dovevi anticiparli tu e ti ridavano l’80% solo dopo che li avevi spesi. Ma noi mica li avevamo… Noi ci siamo spaventati perchè anticipare i soldi a quell’epoca voleva dire fare un prestito con le banche. Capito? Per partecipare ai bandi devi già avere i soldi e questo è un grossissimo problema per le microimprese: non ce la fanno. E poi quando partecipi hai la paura di non vincere, ci sono sempre soggetti con progetti più grossi, sono dei luoghi sempre più competitivi perchè i fondi si stanno riducendo sempre di più.
Siamo andati anche dal AgriVenture, il fondo di Banca Intesa, con tutto il business plan e i dettagli del progetto, ma uno di noi non era laureato e quindi non siamo riusciti a entrare.

“Però grazie a loro ho fatto il corso gratuito di formazione per fare il business plan, poi lo giudicava una giuria e tu avevi una credenziale in più un domani che saresti andato a cercare un altro finanziamento”.

Lo stesso discorso vale per gli incubatori: non scommettono sulla tua impresa e non condividono il rischio. Vogliono subito i soldi per l’affitto, la consulenza. Allora a me cosa serve entrarci, che benefici ho se poi magari dopo un anno non sono riuscito a coprire le spese? Preferisco andare allo sportello della Camera di Commercio a chiedere – gratis – tutto quello che mi serve.

Il problema è che oggi come oggi non esiste una politica di governo per sviluppare l’imprenditoria giovanile, né regole chiare per fare uno startup. Non esiste una legge che spiega come fare l’impresa sociale quindi te la devi inventare, e devi basarti sulla fiducia che hai nelle persone che decidono di farla con te.
Le lezioni del Bando Start sono state un oracolo: i progetti vanno avanti se c’è almeno una persona che crede nel progetto, e questo mi è servito molto nel momento in cui Nostrale è cambiata perchè io ho cominciato a vedere nella sua natura di associazione non profit delle grandi potenzialità. Questo mi ha fatto perdere due dei soci con cui avevamo creato Nostrale con l’obiettivo di farne un’impresa ma ne ho guadagnati altri, anche se non ti nascondo che questo è stato il momento più duro per me e sono arrivato a pensare di mollare tutto. Poi però attorno a me si è creata una nuova rete di persone dove ognuno scambia con gli altri le sue competenze per trarne reciproco beneficio, il tutto sotto un’etica molto ferrea. Così ho ritrovato fiducia e sono ripartito.

Spiegami meglio questa cosa dell’associazione. In Italia molto spesso fare un’associazione è sinonimo di startup d’impresa, perchè molte persone che non hanno i soldi per aprire una srl cominciano con questa che è una soluzione più ‘leggera’ in termini fiscali per poi convertirsi. In alcuni casi questo produce una cattiva gestione, per quello che mi riguarda più vivo il carattere di associazione di Nostrale più mi rendo conto che i risultati arrivano lo stesso. Io mi sento un imprenditore sociale – anche se può sembrare una contradddizione in termini – e grazie alle persone che lavorano con noi stiamo sfruttando al massimo le potenzialità del non profit.

Come dicevo prima la sfida di oggi è tenere unite due ragioni sociali diverse, una profit e una non profit, e ci stiamo provando coinvolgendo da una parte partner privati che ci ospitano e siano disposti a partecipare al rischio d’impresa comprando le quote della società, dall’altra soggetti non profit per arricchire il progetto. Stiamo facendo un’ “impresa non profit”.

Sono dell’idea che bisogna chiedere finanziamenti ai privati che condividano il rischio, è l’unico modo per chi non ha soldi. Con loro condividi il progetto, gli scopi imprenditoriali e gli obiettivi, credono in te: non ho ancora ricevuto fondi ma a parole le persone vogliono mettere i soldi per partecipare alla società.

Davide, voglio chiudere chiedendoti quali sono le tue qualità più grandi che ti hanno permesso di fare tutto ciò: “perseveranza e resistenza”.

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