Quando è arrivato con il suo maglioncino e il capello sbarazzino sembrava l’uomo della Provvidenza dopo una puntata di Marzullo. Oddio, ho pensato, questo dovrebbe risollevare la Fiat, ma sembra il ragionier Filini. Poi però il titolo in Borsa ha iniziato a salire e eccome se saliva. La mia anima capitalista, rassegnata alla logica del migliore dei mondi possibili, già pensava di aver trovato il suo uomo di punta. Finalmente un imprenditore che sa quello che fa. Sicuro e deciso, ma dallo sguardo tenero, determinato e convinto, ma dall’occhio sensibile. È fatta. I sindacati dovranno rassegnarsi, la modernità è arrivata e veste pullover fuori moda. Mi era anche venuta voglia di comprare una Panda, in fondo, mi dicevo, dobbiamo premiare il made in Italy. Lavora venti ore al giorno il grande manager. Sarà anche nervoso con i sindacati, ma questi lavoratori hanno sempre solo diritti e nessun dovere. A lui tre ore di sonno per notte bastano. Certo che guadagna tantissimo, è giusto, dorme tre ore e ne lavora venti. Avevo anche iniziato a fantasticare sull’ora che mancava all’appello. Poi ho pensato: sarà l’ora in cui guarda Marzullo.
Già si scagliava contro la Fiom la mia anima capitalista rassegnata. Sono più fascisti dei fascisti, devono anche capire che le logiche del lavoro sono cambiate. Non siamo più negli anni ’70, non si viene più licenziati per vendetta politica, tutte queste garanzie che chiedono imbrigliano le aziende, limitano lo sviluppo, invecchiano il mercato. Oggi il merito è premiato, se lavori bene non hai nulla da temere, ma se sei uno scansafatiche è giusto che si abbia la facoltà di licenziarti. Un po’ di sana mobilità. Qualcuno sarà messo in cassa integrazione, qualche stabilimento chiuso, è vero, è triste, però siamo in piena crisi. Meglio qualche taglio mirato, ma che si salvi la baracca. Il mal comune è la consolazione degli stolti, dicono in Spagna. Qui è il mezzo gaudio. Mi pareva palese che non avessimo capito nulla e che lui facesse bene a tenere testa, anche duramente, al sindacato.
Mentre mi beavo della mia ritrovata tranquillità psicologica – finalmente avevo la mia idea da esporre nei dibattiti – sento di sfuggita il mio manager che afferma che Fiat potrebbe trasferirsi a Detroit. All’estero? Ma come all’estero? Non è tanto la tragedia in sé, ma io ho un problema ancora più grave. Ora come ti difendo nei dibattiti? Fino ad adesso tutto quello che facevi era un male necessario, fatto comunque nell’interesse dell’Italia. Eri il mio imprenditore guida, la mia autoassoluzione durante l’acquisto superfluo ma bello, la mia spiegazione sul perché l’unico modello economico possibile fosse quello capitalista, la spinta a cambiar canale quando si parlava della fame nel mondo. Accidenti, eri la matrice con cui leggevo il mondo.
Ora mi ritrovo la matrice oltreoceano e la mia anima nostalgico-comunista che inizia a farsi largo tra le trame che la mia mente aveva delineato. Certo che così son capaci tutti. Prima usi gli aiuti statali, prima, quando c’era da ricevere, l’Italia è il Paese che amo – ah, no, questo non sei tu, scusa, ma potresti esserlo – e poi quando le cose si mettono di nuovo male, quando scopri che fare l’Amministratore Delegato prevede anche grosse rogne, non solo complimenti e lustrini, te la prendi come un bambino che non può più giocare con le sue regole e cambi terreno di gioco? Che importa del made in Italy, che importa se l’Italia ha dato tanto alla Fiat in questi anni, che importa se il paese è già in ginocchio. Tutti a Detroit che c’è Obama che mi fa i complimenti e di moda non capiscono nulla. Così almeno la piantano di prendermi in giro per i golfini.
Così si infiammava la mia anima nostalgico-comunista, la vedevo già che cercava di sovrastare l’altra nei dibattiti. Si vergognava delle esternazioni di quella fredda capitalista. Che mondo assurdo, pensava, abbiamo saturato il mercato, ma continuiamo a produrre, non fa in tempo ad uscire un nuovo modello di Punto, che già la Nuovissima è in produzione. Non avremmo necessità di nulla, ma permettiamo che ci creino il bisogno del futile, del superfluo. Lo Yoghurt Activia ha il Bifidus Actiregularis. Come potevo pensare di regolare il mio intestino prima di conoscere il Bifidus? Ho vissuto finora sul filo del rasoio, sul bordo del precipizio. È un miracolo che non abbia avuto qualche gravissima malattia intestinale finora, devo correre ai ripari immediatamente, sulla salute non si scherza. E guarda questo armadio, ho solo jeans a gamba larga. Andavano di moda almeno tre ore fa. Vado subito a comprare quelli stretti al fondo che altrimenti faccio ridere. È uscito il nuovo I-Phone, che bellino, è più sottile di mezzo millimetro. Mezzo millimetro era proprio quello che avanzava quando cercavo di metterlo in tasca, ora ci starà. Devo misurare le tasche dei jeans stretti al fondo prima però. Più o meno così ironizzava la mia anima nostalgico-comunista, già sentendosi ideologicamente superiore alla fredda capitalista, imbruttita e imbambolata dal sistema.
Si adirava poi molto quando sentiva il nostro che si lamentava del fatto che in Italia il mercato non girasse, che non si comprassero più auto. Ma pensa, si diceva, se deve far sentire in colpa me perché lui vuole chiudere Termini Imerese perché il mercato è fermo. Che devo fare secondo lui? comprare dieci Punto, altrimenti avrò sulla coscienza una famiglia? E no, così non ci sto, non sono io che te le ho chieste le dieci Punto. Ne producete troppe e rimane dell’invenduto? E fatene di meno no? Qui, però, ancora faceva capolino l’insensibile capitalista che metteva il dito nella piaga facendo notare che meno produzione sarebbe equivalso a meno occupazione, per cui le dieci Punto si dovevano fare per forza. In un attimo di corto circuito tra le parti, ero arrivata davvero a concludere che fosse colpa mia, stavo per andare a confessare la mia mancanza, il mio peccato contro la società. Perdonami, PIL, perché ho peccato. La Fiat è in crisi e non ho mai pensato di regalare una Panda, anche una piccola, una tre porte, una senza climatizzatore. Le famiglie non arrivano a fine mese e non mi sono mai preoccupata di andare dal concessionario ad ordinare venti Mito. Le metta sul conto, son per i ragazzi.
Poi è arrivata lei e la nostalgico-comunista ha sbaragliato la concorrenza. Lei, che ho visto prima di sfuggita su una rete Rai e poi ho ricercato con orrore crescente su YouTube. Lei, che mi provocava irritazione al punto da lanciarmi sul telecomando per cambiare canale appena iniziava la voce cantilenante e ammaliatrice. Lei, che mi ha fatto venire voglia di infeltrirglielo quel maglione. Lei, la pubblicità della Nuova Panda. Questa è l’Italia che piace.
Ora la nostalgico-comunista inveiva proprio. Ma come l’Italia che piace? Ma come sta sviolinata sull’orgoglio italico? Ma come ripartire da qui? Ma tu da qui volevi scappare, ma tu qui ti sentivi impossibilitato a lavorare come avresti voluto, ma tu qui ti sentivi imbrigliato dai troppi vincoli. Ma come il cartello che indica Pomigliano? Ma tu Pomigliano lo chiuderesti subito. Ma cosa sono quelle facce da italiani medi che hai messo? Guarda che non è che Marzullo piaccia a tutti.
Così pontificava nei dibattiti la, mai come ora, combattiva anima nostalgico-comunista. Ora sì che finalmente le era chiaro come leggere il mondo, ora sì che aveva il suo libretto d’istruzioni, ora aveva la sua opinione incartata e pronta da servire, ora sapeva da che parte stare, quella giusta. La sua. Che sollievo, finalmente aveva di nuovo la sua matrice per leggere la società, ma aveva qualcosa anche di meglio, aveva un nemico comune da condividere con tanti altri, ora era parte di qualcosa.
L’altra mattina le ho riviste le mie due anime. Leggevano l’articolo sulla nuova proposta del nostro sul prezzo della benzina bloccato ad un euro per chi compra un nuovo Fiat. Le ho viste che si studiavano per capire chi ne avrebbe tratto vantaggio, poi è intervenuta la terza, quella pratica, che ha avvisato entrambe che era ora di andare a lavoro. Tutte a bordo della loro Chevrolet.
E comunque, menomale che Marchionne c’è.
Silvia Pittatore