Chi sperava di trascinare Papa Benedetto XVI sul terreno della polemica politica sulle coppie di fatto è rimasto probabilmente deluso. Nei tre giorni del VII Incontro mondiale delle famiglie a Milano il pontefice ha evitato ogni accenno, almeno esplicito, alla questione scegliendo di volare decisamente più alto.
Nell’immediata vigilia dell’evento, il 30 maggio, era stato invece il sindaco Giuliano Pisapia, pensando forse che il Papa avrebbe tirato in ballo questo tema, a mettere le mani avanti lanciando un ultimatum: «Se entro questo anno il consiglio comunale non deciderà, assumerò io personalmente con la mia giunta la decisione sul registro delle unioni civili». Come a dire: tranquilli, cari elettori, non è mia intenzione fare il baciapile con Ratzinger ma proseguo spedito sulla strada dei “diritti civili”. Quando si è trovato faccia a faccia con il pontefice, nei saluti di benvenuto in piazza Duomo venerdì, 1° giugno, Pisapia ha preferito, in parte, glissare parlando della sua passione per il Commissario Rex che lo accomuna a Ratzinger, anch’egli grande fan del cane poliziotto. Dai massimi sistemi ai telefilm, insomma.
Nel suo discorso, comunque, Pisapia ha fatto alcuni accenni molto precisi: «La diversità di cultura, di credo (…) può e deve essere fonte di aggregazione, di ricchezza, di unità. E, comunque, a tutte e a tutti deve essere garantita parità di diritti. Sono certo che noi possiamo fare tanto se i nostri valori sapranno unire invece che dividere». È la solita, stucchevole litania: la visione della Chiesa su famiglia, sessualità, vita umana spacca la società perché “oscurantista”, “antimoderna” e molto restrittiva sulla concessione dei diritti individuali; quella di certi laici invece unisce perché vuole estendere “parità di diritti” a tutti. Anche quando si tratta di capricci e scelte private di vita rispettabili ma discutibili. Poi, ecco l’altra stoccata del sindaco: «La famiglia, le famiglie, hanno la priorità nelle nostre preoccupazioni».
Papa Benedetto, invece, con ben altro stile, nell’incontro con gli amministratori lombardi ha ribadito con fermezza i punti fondamentali della dottrina cattolica evitando qualsiasi banalizzazione: «La libertà non è un privilegio per alcuni, ma un diritto per tutti, un diritto prezioso che il potere civile deve garantire», ha spiegato, «tuttavia, libertà non significa arbitrio del singolo, ma implica piuttosto la responsabilità di ciascuno. Si trova qui uno dei principali elementi della laicità dello Stato: assicurare la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell’altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti».
In questo senso, e richiamandosi allo storico discorso (cfr Discorso al Parlamento Tedesco, 22 settembre 2011) tenuto davanti al Bundestag tedesco nel settembre scorso, il pontefice ha messo in guardia i politici sui rischi di una democrazia fondata su una concezione meramente positivista del diritto e priva di una concezione etica dell’essere umano: «D’altra parte», ha aggiunto, «nella misura in cui viene superata la concezione di uno Stato confessionale, appare chiaro, in ogni caso, che le sue leggi debbono trovare giustificazione e forza nella legge naturale, che è fondamento di un ordine adeguato alla dignità della persona umana, superando una concezione meramente positivista dalla quale non possono derivare indicazioni che siano, in qualche modo, di carattere etico . Lo Stato è a servizio e a tutela della persona e del suo «ben essere» nei suoi molteplici aspetti, a cominciare dal diritto alla vita, di cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione. Ognuno può allora vedere come la legislazione e l’opera delle istituzioni statuali debbano essere in particolare a servizio della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita, e altresì riconoscere il diritto primario dei genitori alla libera educazione e formazione dei figli, secondo il progetto educativo da loro giudicato valido e pertinente. Non si rende giustizia alla famiglia, se lo Stato non sostiene la libertà di educazione per il bene comune dell’intera società».
Per i laici alla Pisapia (ma anche per molti cosiddetti “cattolici adulti”) il concetto di libertà e quello di “autodeterminazione” individuale si equivalgono. Per la dottrina cattolica non è così perché si tratta di due concetti in contraddizione tra loro in quanto ci sono alcuni diritti soggettivi che, se esercitati, possono danneggiare i diritti di altri individui, soprattutto tra coloro che sono più deboli e non possono difendersi da soli.
Ovviamente si può essere d’accordo o meno con la visione della Chiesa che non impone nulla a nessuno. Quel che si dovrebbe evitare, invece, è presentare, come ha fatto Pisapia, questa visione, che ha un fondamento razionale ed etico di tutto rispetto, come “antimoderna”, prevaricatrice e soprattutto insensibile al dogma politicamente corretto dei “diritti per tutti”.