Il momento della verità è vicino: domenica 17 giugno i cittadini greci, piegati da cinque anni di recessione unita alle politiche di austerity imposte dall’Unione Europea, torneranno di nuovo alle urne. Secondo tutti i sondaggi, per la vittoria sarebbe un testa a testa tra il partito Nuova Democrazia e Syriza. La formazione della sinistra radicale guidata dal giovane leader Alexis Tsipras, fiero avversario delle politiche imposte al paese ellenico da Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale che “stanno portando la Grecia all’inferno” come ha spiegato ai microfoni della CNN. Quello stesso inferno in cui sono transitati negli anni passati i cosiddetti “paesi in via di sviluppo”.
Secondo i più recenti sondaggi, Syriza, che sino a qualche mese fa veleggiava intorno al 5% dei consensi, potrebbe sfondare quota 30% e diventare primo partito del paese. Un risultato che assegnerebbe un cospicuo premio di maggioranza alla formazione della sinistra radicale antiliberista, che avrebbe la possibilità di costituire un “governo della sinistra”. Tsipras però dovrà fare affidamento esclusivamente su Sinistra Democratica – formazione nata da una scissione a destra del Synaspismos il principale partito della coalizione che comprende anche maoisti, trotzkysti, socialisti dissidenti ed ecologisti – visto che i comunisti del Kke, partito di classica impostazione marxista-leninista, hanno fermamente rifiutato di entrare a far parte di qualsiasi governo. Attirando su di sé accuse di settarismo e dogmatismo, oltre che la sempiterna definizione di stalinista. Un punto probabilmente di vanto per il Partito.
“Il KKE non si fa illusioni parlamentari, nel senso che non si aspetta di aumentare gradualmente il proprio voto fino a quando un giorno avrà una maggioranza in parlamento per formare un governo “comunista”. Stiamo lottando per il socialismo-comunismo e se questo potesse avvenire attraverso le elezioni borghesi, la classe borghese abolirebbe le elezioni” con queste parole ha spiegato la chiara posizione dei comunisti greci Vagenas Elisseos, responsabile della sezione esteri del CC del Kke.
Posizione, dunque, nettamente divergente da quella di Syriza che punta dritto alla maggioranza parlamentare per contrattare – senza uscire dall’eurozona e dall’Unione Europea – il rimborso del debito ellenico. Una strategia comprendente l’aumento della tasse per i più ricchi, nuove assunzioni, la fine delle nefaste politiche di austerità. Mentre non si parlerebbe più al momento della nazionalizzazione del sistema bancario. Evidentemente fagocitati i voti di sinistra, Syriza, cerca di sfondare ulteriormente anche al centro, “moderando” il proprio profilo.
In ogni caso, secondo il Kke qualsiasi governo anche se di sinistra sarà “incapace di risolvere i problemi popolari e, al contrario, li peggiorerà. Naturalmente questo non può essere compreso da tutti i lavoratori e dagli altri ceti, come i piccoli imprenditori che vengono distrutti dalla crisi. Syriza è stata individuata da una parte della borghesia, come la forza principale di un governo capace di fare il “lavoro sporco” della crisi capitalista, che gestirà un possibile fallimento”.
Concetto ribadito dal Partito in un editoriale apparso sulle pagine di “The Morning Star” organo del Partito Comunista Britannico: “Qualsiasi governo anche se con l’etichetta di sinistra, opererà nel quadro dell’interesse di banchieri, industriali, armatori e altri capitalisti. Il Partito Comunista non sarà complice nell’attuazione di politiche antipopolari o dei crimini della Nato”.
L’uscita dall’Unione Europea e dalla Nato è un punto irrinunciabile per il partito guidato da Aleka Papariga: “Finché il paese resta legato alle unioni imperialiste, la NATO e l’UE, e il potere appartiene ai capitalisti, non può esistere un governo filo-popolare. La posizione del KKE è per l’organizzazione della lotta dei lavoratori, dei contadini poveri, dei ceti popolari medio-bassi, contro le misure antipopolari che verranno adottate dal governo (sia di centro-destra che di centro-sinistra). Noi crediamo che attraverso queste lotte, delle forze potranno liberarsi dall’ideologia borghese e sarà formata un’alleanza sociale che porrà la questione del potere”.
In un momento drammatico per la Grecia, ferita profondamente dalle sciagurate politiche di austerità, con una povertà che aumenta in maniera esponenziale arrivando a investire ampie fasce di quello che una volta era il cosiddetto ceto medio, il Kke, ha preso la non facile decisione, sofferta e ampiamente discussa, di tenersi fuori dai giochi per il governo. All’opzione “compatibilista” di Syriza contrappone la forza d’urto dei lavoratori e degli strati popolari della società ellenica riuniti sotto le bandiere del PAME. Pone all’ordine del giorno la questione del valicare il limite dell’esistente. E’ giusto tener conto anche delle ragioni del Kke.