Che in Vaticano le religiose – certe religiose – siano viste come il fumo negli occhi ormai non fa più notizia.
Da almeno tre anni, infatti, il fuoco incrociato dei vescovi americani e di diverse Congregazioni della Curia romana ha preso di mira chi, negli Stati Uniti, dal Concilio Vaticano II in poi, è uscito dal silenzio claustrale per immergersi nel caos quotidiano di poveri, malati, orfani, studenti, ragazze madri, tossicodipendenti, omosessuali discriminati. In una parola, nel mondo.
Dopo l’investigazione su suor Elizabeth Johnson, eminente teologa, colpevole di aver tracciato, nel suo libro Quest for the Living God, gli orizzonti delle nuove teologie per gli uomini e le donne di oggi; dopo l’investigazione sulle comunità religiose femminili non monastiche, sospettate di un’eccessiva commistione con il mondo; dopo il commissariamento dell’organismo che ne riunisce i vertici, tacciato di “femminismo radicale” – per non citare che i casi più recenti – ora gli strali del Vaticano hanno colpito suor Margaret Farley, prima donna, negli anni ’70, a insegnare full time alla Divinity School di Yale. Qual è l’atroce colpa di suor Margaret, che si occupa di etica sessuale, campo minato di per sé? Il fatto di aver scritto, nel libro Just Love (peraltro pluripremiato), che alcune questioni relative alla sessualità umana meritano risposte diverse da quelle fornite dall’attuale magistero: che la masturbazione non è una questione morale; che gli atti omosessuali vanno considerati alla stregua di quelli eterosessuali; che le coppie gay e lesbiche devono poter accedere al matrimonio come garanzia di riconoscimento sociale e giuridico; che in alcuni casi il matrimonio cattolico può non essere indissolubile; che non è impensabile che un divorziato si risposi. Decisamente troppo per il Vaticano che, sulla scorta di un magistero sempre più lontano dalla realtà, soprattutto su questioni di morale, continua a definire nello stesso, sprezzante modo masturbazione e atti omosessuali: «Atti intrinsecamente e gravemente disordinati».
Il libro della Farley, come già quello della Johnson e innumerevoli altri, non è dunque «conforme» all’insegnamento della Chiesa. Un giudizio che rivela la volontà di «eliminare il dissenso e spazzare via le ultime vestigia del rinnovamento portato dal Vaticano II», ha detto suor Jeannine Gramick, altra religiosa silurata dal Vaticano, in un’intervista a Adista. Lei si occupa di gay e lesbiche. E continua a farlo. Perché loro, le religiose statunitensi, non vogliono piegarsi: i vertici della Chiesa «hanno paura di permettere alle voci critiche di essere ascoltate, perché alcune di queste voci potrebbero legittimamente portare al cambiamento. Le personalità autoritarie hanno paura del cambiamento e di perdere potere e controllo. Le suore statunitensi sono pericolose perché forse sono l’ultimo gruppo organizzato a riflettere lo spirito conciliare di ciò che significa veramente essere Chiesa».
6 Giugno 2012