Delle volte mi manca la fantasia, anche perché le attività giocherecce dei bambini, persino quando sono ben congegnate, hanno sempre il difetto di durare poco. Qualche esempio: per realizzare delle borsette di cartone (che poi le ho fatte quasi tutte io) ci abbiamo messo quindici minuti. Colorare e disegnare si prendono massimo mezz’ora, ma spesso si esauriscono in una manciata di minuti. Una volta ho provato con i biscotti e siamo arrivati a quaranta minuti che mi sono sembrati sei ore (in compenso la pasta frolla è entrata in circolazione come un virus, dopo qualche giorno se ne ravvisavano tracce nella scarpiera e nella scatola delle medicine). Le formine col das durano un po’ di più solo perché bisogna calcolare il tempo di asciugatura, che notoriamente non impegna gli artisti. E i pomeriggi invece sono lunghi, se iniziano alle 14.30, per arrivare alle 18.30 ci vogliono quattro ore.
Non solo, le creature adorano fare attività con la loro madre, e visto che molte volte mi trovavo a pensare “Non posso giocare con voi, devo mettere a posto gli armadi” (la realtà è che mettere a posto gli armadi sarà alienante, ma è meno impegnativo), ho deciso di unire l’utile al dilettevole e coinvolgerli in una serie di attività domestiche. “Sapete che facciamo oggi? Ordine nella stanza dei giochi!!”. La pars destruens li ha visti super eccitati. Del resto, provate a mettervi nei panni di un bambino di tre, quattro o sei anni e sentire vostra madre che dice: “Avanti, svuotate tutte le scatole di Lego per terra. E poi le macchinine, e tutto quello che vedete negli scaffali!”. In breve la stanza si è trasformata in un indescrivibile discarica di giocattoli: mucchi di costruzioni, teste spezzate di bamboline, ruote di macchinine, pupazzi di pezza, dinosauri, maiali, coccodrilli, palle gonfiabili sgonfie, nani di Biancaneve, di tutto insomma. La pars costruens ha avuto un inizio promettente: ho istituito una busta “Ciao ciao” per i giochi rotti, un’altra per quelli da regalare ai bambini più piccoli e un ordine teutonico per cassetti e scaffali, con categorie rigorose tipo “animali duri”, “animali morbidi”, macchinine, bambole, libri. Insomma, ogni cosa al suo posto. Vladi ha partecipato soprattutto nella fase dell’addio alle cose rotte (a ogni gioco diceva “cia ciao”), Anna ha tenuto duro per un’oretta buona separando i lego dai chiodini dei mosaici, ma la più pervicace è stata Sofia, che quanto a resistenza ha fiaccato anche me. Dopo almeno due ore e mezzo di lavoro ha voluto dividere i pennarelli dalle matite e temperare queste ultime, e quando mi sono offerta di aiutarla mi sono resa conto che temperare è un lavoro bestiale. Mi è venuta una vescica sul dito medio, non scherzo.
Il pomeriggio era svoltato, tanto che ho pensato a qualche replica, che so il cambio di stagione o l’armadio delle scarpe. Certo, non è una cosa di tutto riposo, ma fatica per fatica, almeno la casa è a posto.
La sera, mentre i bimbi erano a letto, davanti a una frittata con mio marito, mi sono lanciata nel racconto della giornata, sviluppando il tema dell’ansia del figlio adottivo, sapientemente canalizzata nel mettere in ordine la stanza dei giochi. “A me sembra che l’unica ad avere l’ansia dentro questa casa sia tu – mi ha detto – E siccome loro sono i tuoi figli, ecco che l’ansia ce l’hanno pure loro”. Boh, sarà. Buona peró la frittatina. Leggi il post originale su www.amalteablog.com