Giovani europeiNon trasformate la Spagna nella nuova Grecia.

Come tutti gli addetti ai lavori sanno, la Grecia poteva essere salvata già nel 2010. Ci volevano circa 100 miliardi di Euro per portare il livello del debito greco alla soglia del 100% sul Pil. Co...

Come tutti gli addetti ai lavori sanno, la Grecia poteva essere salvata già nel 2010. Ci volevano circa 100 miliardi di Euro per portare il livello del debito greco alla soglia del 100% sul Pil. Con una somma di circa 30 miliardi si poteva colmare il deficit di bilancio del 2010 di Atene. La Repubblica Ellenica avrebbe dovuto ugualmente riformare la propria struttura, attuare un rigore di bilancio, sfoltire il pubblico impiego, ma questa iniezione di liquidità le avrebbe concesso un profondo respiro permettendole di attuare le politiche necessarie con maggiore serenità.
Ovviamente, non si poteva pretendere che paesi virtuosi come la Germania “investissero” a fondo perduto i propri risparmi per un paese inadempiente; sarebbe stato un suicidio elettorale.
Ma se l’Europa si fosse data delle regole finanziariamente sostenibili( una vera banca centrale, Eurobond, politica unitaria), il problema di chi doveva pagare lo stato ellenico non si sarebbe posto con la stessa intensità. Si è preferito fare la voce grossa e nello stesso tempo speculare( sì, speculare!) nei confronti delle banche greche, la quali rendevano tassi d’interesse appetitosi per tedeschi e francesi. Quando si gioca d’azzardo, però, si rischia di perdere tutto. Il debito greco è divenuto incontrollabile e rischia di portarsi dietro l’Italia e, soprattutto, la Spagna.

La penisola iberica ha un profondo buco all’interno delle proprie banche. Il quarto istituto di credito del Paese, Bankia, è stato in parte nazionalizzata, poiché, pare, abbia un buco di circa 19 miliardi( forse molti di più). Quando le banche hanno pochi capitali a disposizione nasce il così detto Credit Crunch, che impedisce alla aziende di godere di una liquidità necessaria per poter investire, poiché le banche non concedono prestiti. Di conseguenza la situazione si getta per inerzia sull’intera popolazione, creando gravi problemi economici e sociali.
Come Linkiesta ha rivelato, c’è già un piano (non ufficiale) per soccorrere la Spagna:
La prima azione sarà in supporto delle banche spagnole, tramite l’azione coordinata di Bce e dei due fondi di stabilità finanziaria, lo European financial stability facility (Efsf) e lo European stability mechanism (Esm).
Si sono attivati pure dei contatti con il Fmi ; ancora nulla è dato per certo ma non si può escludere niente. Chiedere aiuto al Fondo monetario è particolarmente umiliante per uno Stato, perché esso richiede a gran voce delle garanzie ferree, e per far sì che vengano rispettate, vigilia – qualcuno direbbe compromette – sulla capacità politica di una nazione di adempiere al proprio dovere.
Ma anche questo non risolverebbe nulla, si metterebbe un piccolo tappo su di una voragine.
Per garantire una stabilità all’intero dell’aria euro bisogna cambiare strutturalmente l’intero edificio europeo. Ma tutto ciò non avverrà prima dell’elezioni in Germania. La Cancelliera dovrà regalare ai suoi concittadini l’illusione di poter vivere senza l’Europa per un altro anno. Una volta rieletta dovrà riformare, tra le macerie, non solo il continente ma anche il suo spropositato egocentrismo.

Per adesso ci godiamo una Spagna con il 50% di disoccupazione giovanile, una bolla immobiliare, una carenza di credito, la quale è costretta a promuovere la razionalizzazione delle briciole, che altri chiamano, ottimisticamente, rigore.

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