Lo so. Questo post non piacerà per la sua nauseante presunzione. Ma dovevo scriverlo. Prima di cominciare voglio però ringraziare – e non è piaggeria – Jacopo Tondelli e tutta la redazione de Linkiesta che, malgrado tutto, stanno lavorando e molto, e ovviamente ringraziarli per lo spazio concessomi sul loro sito.
Ma andiamo oltre.
In questi giorni è in corso il Blog Contest de Linkiesta. In prima battuta, ricevuta la email della redazione, ho risposto senza nemmeno pensarci troppo pur non essendomi mai definito un blogger. Faccio un altro mestiere e scrivere in Rete non l’ho mai considerato un lavoro. Ho un blog dal 2003 e non ho mai preteso o cercato guadagni, nemmeno in visibilità.
Ho sempre considerato la blogosfera più o meno come la vedeva il caro prof. Metitieri. E ho anche più volte dichiarato che i blogger non dovrebbero mai lavorare gratuitamente per i quotidiani, in quanto il loro lavoro è produrre contenuti e da quando esiste la conoscenza i contenuti sono sempre stati pagati.
In queste ore il Blog Contest de Linkiesta ha creato una vera e propria corsa nevrotica al post e alla condivisione selvaggia. In circa due giorni ho ricevuto decine e decine di segnalazioni di post e email dove mi chiedono di “fare like” al loro pezzo e di condividerlo. Sono nati anche diversi gruppi su Facebook che invitano a condividere e fare share a questo o a quel blog.
La cosa è legittima in quanto il regolamento parla chiaro:
Per la prima sezione, il vincitore verrà decretato tramite la somma matematica delle condivisioni dei contenuti del blog sui social network e dei dati di accesso in nostro possesso (Google Analytics). Il blog che otterrà il punteggio più alto sarà il vincitore.
Mi viene da dire poveri noi. È risaputo, i post e gli articoli più condivisi sono solitamente quelli urlati, che rispettano la classica dicotomia amico/nemico, che denunciano scie chimiche o danno all’untore. I post di qualità – e questo lo dico da osservatore delle dinamiche in Rete – quelli con dati, inchieste e lavori seri alle spalle non circolano, vengono poco condivisi. Io stesso ho saggiato ciò. Bastava mettere il sedere della Tommasi per circolare e fare molti share, bastava scrivere nel titolo che Grillo è come il fascismo per girare ed essere commentati in maniera ossessiva.
Ma se scrivevo un post sullo stato della democrazia rappresentativa, magari riprendendo Sartori o Dahl, ecco che restavo inchiodato alla decine di condivisioni e senza commenti. In questi casi mi viene in mente Lovink e il suo Zero Comment che vi consiglio di leggere.
Fortunatamente vi saranno altre due sezioni dove sarà Tondelli a decretare il vincitore e lì mi fido ciecamente della sua valutazione. Ma anche in questo caso qualcosa non funziona C’è la questione borsa di studio per la sezione miglior post. 500 euro per dieci articoli da scrivere per Linkiesta. In questo caso credo che non siano i 500 euro a fare la differenza ma la possibilità di collaborare con Linkiesta e la visibilità che può dare la “vittoria” a fare da carota.
Ho già espresso la mia opinione, e più volte, circa il prezzo al ribasso che la produzione dei contenuti sta subendo in Rete. Cosa che molto probabilmente accadrà con il lancio dell’Huffington Post Italia, dove lo scambio sarà contenuti vs visibilità.
Non me ne vogliano gli amici della redazione de Linkiesta, e non è in nessun modo un attacco al lavoro che in questi mesi stanno facendo. Ma il Blog Contest porta con sé diverse anomalie e distorsioni. Postarlo poi proprio su un blog de Linkiesta può sembrare una provocazione, ma non lo è. È solo un post in puro blog style, dove vi è una opinione, una considerazione e qualche consapevolezza. E non me ne vogliano anche i diversi blogger che credono in questa competizione. Vi leggo e qualche “like” lo metto con piacere. Ma toglietevi dalla testa che questo contest potrebbe agevolarvi ad entrare in qualche redazione, e gli amici giornalisti lo sanno, e magari qualcuno sghignazza e fa battute davanti alla vostra forsennata corsa verso lo share.
p.s. ovviamente questo post non partecipa al Blog Contest.