La Borsa scendeva, e sarebbe scesa ancora. Nel 2011 ha perso il 25%, ma gli analisti finanziari invitavano a comprare quasi la metà delle azioni sul listino. E solo 5 aziende quotate hanno ottenuto una prevalenza di giudizi negativi. Forse vendere sulla scia del panico non è opportuno. Ma bisogna tornare alla Relazione Annuale Consob del 2002 per vedere le raccomandazioni di vendita colpire più del 10% delle aziende. Nel 2008, l’anno del grande crollo di Piazza Affari, erano il 9%.
[immagine tratta dalla Relazione annuale Consob 2011]
Citigroup, Mediobanca, Goldman Sachs e le altre case d’affari, nel loro insieme, stendono sulle società quotate una rete di giudizi che, dati alla mano, è scollegata dalla realtà, e non aiuta i cittadini a capire cosa accade in Borsa e a mettere i risparmi al sicuro.
Nel documento dell’autorità di vigilanza si legge che, nel 2011, i rating delle società presenti sull’indice Ftse Mib di Piazza Affari si sono caratterizzati «per un aumento del peso dei giudizi buy rispetto all’anno precedente (dal 40 al 45%)». Le aziende a cui si riferivano queste valutazioni «rappresentavano complessivamente il 60 % dell’indice (contro il 40% a fine 2010)».
Ed i giudizi negativi? Pochissimi. Le cinque società per cui hanno prevalso le raccomandazioni di vendita rappresentavano l’1% del capitale di Piazza Affari. Per le aziende rimanenti, il consiglio più diffuso è stato di mantenere la quota di azioni possedute. Né comprare né vendere, insomma.
Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch – le tre agenzie di rating che dominano il mercato – sono pagate dalle aziende stesse per emettere giudizi sui titoli di debito. Questo gli ha causato una giusta dose di critiche, pur senza conseguenze reali.
Per le case d’affari e gli altri analisti finanziari gli interessi in gioco sono altri. Mediobanca è il centro di una fitta rete di intrecci azionari tra società quotate. Inoltre, è ed è stata prestatrice e consulente di moltissime grandi aziende. Questo non implica che i suoi esperti esprimano valutazioni in malafede. I dati Consob, sia chiaro, da soli non consentono di dire che abbia operato male. Ma alla luce di questi, certamente viene voglia di vederci più chiaro: anche istituti stranieri come Citigroup e Goldman Sachs, Ubs e altri hanno il loro giro d’affari in Italia.
A quando uno studio che metta in relazione i legami economici tra aziende ed analisti con i rating di questi ultimi?
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