Città invisibiliRoma, Musei chiusi (o da chiudere)

Tralasciata dalle edizioni nazionali e relegata tra le notizie secondarie anche nelle cronache di Roma dei diversi quotidiani, alla vigilia della parata del 2 giugno, ha fatto timidamente capolino ...

Tralasciata dalle edizioni nazionali e relegata tra le notizie secondarie anche nelle cronache di Roma dei diversi quotidiani, alla vigilia della parata del 2 giugno, ha fatto timidamente capolino la denuncia dei sindacati sulla situazione del personale dei Musei di Roma. L’allarme, stretto tra il ripristino della fermata bus di via del Plebiscito, soppressa per motivi di sicurezza (Palazzo Grazioli residenza romana dell’ex premier, è proprio lì) al tempo del governo Berlusconi e la protesta dei residenti di Piazza Dante per i lavori del palazzo della Cassa Depositi e prestiti, è così passato quasi sotto silenzio. D’altra parte la questione è marginale come, verrebbe da dire, l’intero settore.
I Musei facenti parte del cd. “Polo”, cioè Galleria Borghese, Palazzo Barberini, Castel Sant’Angelo, Galleria Spada, Galleria Corsini e Palazzo Venezia, a partire dal 2 giugno rimarranno chiusi nei giorni festivi. Secondo la denuncia della Cgil la causa dell’emergenza è il blocco del turn over che “ha ridotto gli organici del Ministero dei Beni Culturali al lumicino, e ciò produce un grave danno economico e di immagine alla città nel periodo di maggiore affluenza di turisti”. Come se ciò non bastasse anche l’area archeologica, Colosseo, Foro Romano, corre lo stesso rischio. Quello della chiusura.
Sembra impossibile ma accade anche questo. Che proprio in coincidenza dell’arrivo di grandi quantità di turisti, soprattutto stranieri, si decida di interrompere il servizio in luoghi di cultura, nei giorni festivi. Evidentemente quelli nei quali maggiore dovrebbe essere l’afflusso e, conseguentemente, gli introiti. La questione sembrerebbe paradossale (e certamente autolesionistica da parte dello Stato) se non fosse inquadrata in un sistema più ampio. Quello di gran parte delle aree archeologiche. Quella del Ludus Magnus, di Largo Argentina, oppure della Piramide Cestia, ad esempio. Sostanzialmente chiuse, aperte solo previo appuntamento. Certamente perché risulterebbe impossibile impegnare personale stabilmente sul posto in attesa dell’utente di turno. Ma quel che è evidente è come con queste modalità si scoraggia la visita last minute, di quanti, ignari della cosa, passando, vorrebbero entrare.
Nel caso dei Musei del “Polo” e delle tante aree archeologiche “su appuntamento” si perde. Innanzitutto la possibilità di accrescere le risorse finanziarie disponibili. Ma anche l’occasione di pubblicizzare quelle strutture. In un settore nel quale si combatte con la sopravvivenza è possibile concedersi dei certi lussi? Decidere di offrire un servizio a singhiozzo, seppure in nome delle esigenze di custodi e personale addetto alle biglietterie? La questione, che sfortunatamente resterà senza risposta al pari di tante altre relative al settore, ha tutta l’aria di interessare poco i più. Eppure, fatti i debiti distinguo, anch’essa è fondamentale, se non vitale. Per assurdo, è come se si decidesse di interrompere il pronto soccorso di un grande ospedale, di non garantire le cure a chi ne ha bisogno. Per certi versi quell’interruzione di servizio (nei Musei del Polo durante i festivi, in diverse aree archeologiche se non per appuntamento) ci assomiglia tanto. Non si dà la possibilità a chi ne senta la necessità di entrare, di osservare, di fare proprie immagini. Da ricordare, da condividere.
Cosi è, a Roma di questi tempi. Mentre l’assessore alla Cultura, Dino Gasperini, rivendica alla città il ruolo di Caput Mundi, alla sua amministrazione la scelta, “in controtendenza rispetto a quanto avviene nel Paese”, di investire nella sua principale risorsa, la cultura. Mentre, a quel che si sussurra, il Sovrintendente ai Beni Culturali del Comune, Broccoli, nell’ottica del risparmio, avrebbe ventilato la chiusura dei Musei con meno di 20 mila visitatori l’anno. Dunque, a farne le spese sarebbero il Museo Napoleonico, il Bilotti, il museo Barracco e la casa museo Pietro Canonica di Villa Borghese. Musei poco (o per nulla) pubblicizzati e quindi naturalmente poco visitati.
Fa almeno sorridere constatare che alcuni Musei ed aree archeologiche a Roma siano, virtualmente, già chiuse, o minaccino di esserlo. Si dice per risparmiare risorse. Forse, in realtà, perché a differenza di tante municipalizzate, la loro chiusura non scontenta nessun potente sodale, amico di amici.

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