VademecumSenza se e senza ma

Li trovi in ogni discussione, si annidano anche nei salotti buoni, ma danno il meglio di loro quando sono in gruppo. Sono i disfattisti-assolutisti. Li riconosci perché se si parla del conflitto is...

Li trovi in ogni discussione, si annidano anche nei salotti buoni, ma danno il meglio di loro quando sono in gruppo. Sono i disfattisti-assolutisti. Li riconosci perché se si parla del conflitto israeliano-palestinese, stanno dalla parte dei palestinesi, senza se e senza ma. Se si affronta l’argomento politica, assumono un atteggiamento quasi schifato di chi non si abbassa a parlare di tale nefandezze, perché tanto i politici sono tutti uguali e sono tutti ladri. Se ci si inerpica in considerazioni sull’economia, dicono che le banche sono tutte in combutta e di solito i massoni c’entrano qualcosa. Se si finisce sulla diatriba Tav sì, Tav no, se la prendono con carabinieri e poliziotti che sono tutti esaltati desiderosi di menar le mani, ma, non essendo abbastanza coraggiosi da fare i criminali, indossano la divisa; e ovviamente non vogliono la Tav, probabilmente espongono anche il sigillo NO TAV in macchina. Se ci si eleva con discorsi sugli ideali, sostengono che tutti quelli di destra siano fascisti; anche i carabinieri, che peraltro sono tutti di destra, perché se Socrate è un uomo e tutti gli uomini sono mortali, insomma è anche logico. Se si disquisisce sui programmi televisivi, iniziano una difesa a spada tratta di Travaglio e Santoro che sono i loro idoli e guai a chi mette in dubbio anche una sola delle ventimila parole al minuto di Travaglio e guai a chi critica Santoro, che lui è un epurato, è un giusto. Nelle manifestazioni i loro slogan sono: noi la crisi non la paghiamo e: noi non pagheremo il vostro debito. Per alcuni di loro la proprietà privata non ha senso di esistere, le case sono del popolo e dunque possono occuparle quando e come vogliono e che ci provino i carabinieri fascisti e violenti a farli sgomberare.

Discutere con loro è difficile, per bene che ti vada diventi un collaborazionista di non si sa bene quale entità oscura, per male che ti vada finisce a brutte parole, ma comunque non li scalzi dalle loro idee. Se provi a portare all’estremo la loro posizione, la sosterranno fino al non senso, fino alle affermazioni più improbabili. Discutevo con un gruppo di studenti con la kefiah al collo che sostenevano che gli israeliani dovessero pagare le colpe dei padri, in quanto usurpatori della terra palestinese. Quando ho provato a estremizzare la cosa, chiedendo se anche i bambini israeliani avessero debiti da pagare, la risposta è stata ovviamente, tenacemente e assurdamente affermativa. L’arma della ragionevolezza non li scalfisce neanche. Se gli rubano lo scooter vanno a esporre denuncia in commissariato, ma lo fanno restando all’erta, perché stano entrando nel covo del nemico e mentre sperano che l’uomo in divisa davanti a loro li aiuti a recuperare il maltolto, mantengono un atteggiamento ostile e uno sguardo contrito.

Sono posizioni senza appello, rilassanti, perché si possono mantenere in eterno, immutate, fossilizzate. Sono pensieri che non danno pensieri, non creano fatica, non impongono il ragionamento. È rassicurante come la coperta per Linus poter discorrere senza tener conto delle sfaccettature, delle differenti gradazioni che la realtà tende ad avere. Quello che però infastidisce è la passività che tali prese di principio portano con loro. Sì, perché lasciano il mondo senza appello, senza speranza di cambiamento, dato che oltre a dire che niente va, non si sporcano mai le mani per far sì che qualcosa migliori. Tra il pensiero passivo e il mettersi in gioco attivo c’è un rischio che non possono permettersi di sostenere. Il rischio che i politici smettano di fare politica, le banche di gestire i nostri soldi e i carabinieri di tenere sicure le nostre strade e, soprattutto, il rischio che dopo che tutti abbiano smesso, tocchi a loro cominciare, perché se falliranno, non avranno più con chi prendersela.

Sono pericolosi i disfattisti-assolutisti, sono pericolosi perché siamo un po’ tutti noi. Io lo sono stata in questo post.

Silvia Pittatore

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