Il picchio parlanteTragico, triste, comico, unico. Ciao Massimo!

Il 4 giugno del 1994 si spegneva, poco più che quarantenne, Massimo Troisi. Un attacco cardiaco che gl'ha concesso a stento di terminare il suo ultimo capolavoro: "Il Postino", che tante lacrime m'...

Il 4 giugno del 1994 si spegneva, poco più che quarantenne, Massimo Troisi. Un attacco cardiaco che gl’ha concesso a stento di terminare il suo ultimo capolavoro: “Il Postino”, che tante lacrime m’ha fatto versare ogni qualvolta l’ho guardato. Un comico come pochi, come una mosca bianca. Ha sempre avuto la destrezza di farti ridere ad ogni battuta, e soprattutto, senza (quasi) mai scadere nel volgare, a differenza dei “cinepanettoni” e robe similari. Che il film fosse drammatico o più volto verso la commedia, poco importa: quando le luci sono rivolte su di lui, lo spasso è garantito. Passando da uno sconsolato “Vincenzo” in “Scusate il ritardo” che appena la ragazza, sul punto di lasciarlo, dice “Se devo essere sincera…”, le risponde immediatamente “No…tanto siamo fra noi…” a quando il vero Massimo, in studio da Pippo Baudo, esordisce:”Mica ti offendi se ti chiamo Pippo?” cercando di strozzare il sorriso tra le proprie labbra.

Una carriera sin troppo striminzita non gli ha impedito di diventare un idolo amatissimo . Figurarsi che tantissime persone, solitamente non gentilissime nei confronti dei meridionali ed in particolare dei napoletani, perdono la loro verve polemica nei confronti di Troisi. Prima ancora di approdare al cinema ha girato l’Italia da teatro a teatro: compagni di viaggio, manco a dirlo, Enzo de Caro e Lello Arena. Poi, come già detto, l’exploit con i vari Ricomincio da tre, Scusate il ritardo e Non ci resta che piangere, dove il connubio con Benigni farà fiorire delle gag stupende, da far morire dal ridere. La sua semplicità non l’ha mai abbandonata: anche per questo è diventato un mito, per essere stato sempre veramente Massimo Troisi, nonostante il successo e gli innumerevoli riflettori che lo riprendevano in prima persona. Anche molte trame dei film erano ispirate ad episodi realmente accaduti nell’ambito delle proprie vicende familiari.

Non bastano 18 anni di assenza per farmi dimenticare il bidello “Mario”, che dopo aver effettuato inspiegabilmente un ritorno del passato di 4 secoli, si mette vergogna di vestirsi con gli abiti dell’epoca: lo stesso Mario che prova ad insegnare il gioco della scopa a Leonardo Da Vinci, che alla fine stupirà lui e il compagno “Saverio” anticipando la scoperta del treno di qualche secolo! Non bastano tanti anni senza di lui per distogliere la mente dalle battute della Smorfia e da un formidabile rimedio per contrastare la disoccupazione. “Gli investimenti! Ma con un camion piccolino quanti disoccupati puoi investire?”.

Sarà pur vero che voleva evitare di essere paragonato a Totò ed Eduardo de Filippo, perchè “loro sono stati tanti anni sulla scena ed hanno lasciato un patrimonio”. Ma posso assicurare che se potesse essere trasformato in oro il patrimonio che c’ha lasciato il “Pulcinella moderno”, beh, si potrebbe risolvere il problema della fame nel mondo!

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