Fra il 2000 e il 2005, i consiglieri regionali radicali in Piemonte Carmelo Palma e Bruno Mellano effettuarono circa 100 visite ispettive nelle carceri piemontesi. Tali visite servirono a comprendere che i 13 istituti penitenziari della regione hanno caratteristiche e problemi uno diversi dall’altro; e che tali problemi non potevano essere sicuramente risolti con visite ispettive sporadiche e frammentarie (seppur sempre auspicabili, anche da parte
dei consiglieri regionali attuali). Occorreva istituire una figura nuova, in grado di interagire con i vari soggetti (direttori carceri, agenti polizia penitenziaria, detenuti, educatori …), in grado di ridurre il danno
derivante sia dal sovraffollamento sia dal fatto incontestabile che il carcere svolge ormai le funzioni di discarica sociale, con tutte le violenze, frustrazioni, dolore che questo comporta.
Tali riflessioni portarono alla presentazione, il 7 febbraio 2005, della prima proposta di legge per l’istituzione del garante regionale delle carceri. Da allora sono state ben 12 le regioni italiane (Campania, Emilia
Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta) ad aver approvato leggi istitutive del garante; nove regioni hanno nominato poi effettivamente un garante
delle carceri; esistono poi anche sette garanti provinciali e 18 garanti comunali, fra cui quello del comune di Torino (per l’elenco completo vedi link in calce al presente testo).
In Piemonte, la proposta radicale fu ripresa dai consiglieri Rocchino Muliere (Pd) e Mariangela Cotto (Forza Italia) e divenne legge regionale sul finire della passata legislatura (L. R. 28 del 2 dicembre 2009). Le motivazioni che sorreggono la legge non sono state intaccate dal tempo; anzi, risultano ancora più forti, vista la situazione esistente nelle carceri italiane e, in particolare, piemontesi: 5.200 detenuti stipati in 3.634 posti regolamentari; esistenza di strutture vetuste, con infiltrazioni d’acqua, docce non regolamentari, mancanza di possibilità di lavoro sia dentro il carcere sia per chi esce, inadeguata attuazione della normativa (DPCM 1° aprile 2008) per il trasferimento alle ASL delle competenze in materia di sanità penitenziaria, scarsità di educatori (e quindi insufficiente istruzione delle pratiche per le misure alternative da sottoporre ai magistrati di sorveglianza). A proposito della magistratura di sorveglianza, è estremamente preziosa la testimonianza del Dr. Giovanni Tamburino, audito dalla Commissione Straordinaria Diritti Umani del Senato della Repubblica nella sua veste di Coordinatore nazionale dei Magistrati di Sorveglianza: i 168 magistrati di sorveglianza esistenti in Italia devono smaltire circa 300.000 pratiche di detenuti. E sono proprio i magistrati di “sorveglianza” che dovrebbero “sorvegliare” quello che accade nelle carceri, reprimendo abusi e violenze.
Il Dr. Tamburino (che è stato poi nominato Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) sottolineava in audizione che proprio il sovraccarico di lavoro sulle spalle dei magistrati di sorveglianza era
stata una delle cause della comparsa sulla scena dei garanti delle carceri.
In Piemonte non è stato così; ad oltre due anni dall’approvazione della legge, né il Consiglio Regionale precedente né quello attuale hanno provveduto alla nomina del garante, come imponevano loro
rispettivamente gli artt. 7 e 2 della L. R. 28/2009. Preso atto dell’inerzia del Consiglio Regionale, l’Associazione Radicale Adelaide Aglietta ha promosso un’iniziativa nonviolenta a partire dal 15 gennaio scorso: Igor Boni ed io (presidente e segretario) abbiamo digiunato per dieci giorni, ottenendo di essere ricevuti dal Presidente del Consiglio Regionale, Valerio Cattaneo (che aveva comunque provveduto all’indizione del bando per il garante e all’acquisizione delle domande dei candidati), che ha calendarizzato nell’ordine del giorno del Consiglio la nomina del garante. Sia è aggiunto inoltre un digiuno a staffetta e la raccolta di adesioni su un Appello per il garante, a prima firma Emma Bonino; lo hanno sottoscritto, fra gli altri: Luigi Manconi (Presidente di “A Buon Diritto”); Vladimiro Zagrebelsky (Direttore LDF/Laboratorio Diritti Fondamentali); Marco Bonfiglioli (Dirigente Provveditorato Amministrazione Penitenziaria); Leopoldo Grosso (vice-presidente Gruppo Abele); Donata Canta (segretaria generale Camera del Lavoro di Torino); Valentino Castellani (già sindaco di Torino); Maria Pia Brunato (garante dei diritti dei detenuti comuni di Torino). Il Consiglio comunale di Torino ha approvato una mozione che chiede alla Regione la nomina del Garante.
Ad oggi alcuni consiglieri regionali di Pdl e lega hanno proposto con il PDL 188 di abolire le figure dei garantie regionali “per risparmiare denaro pubblicoco” (mi verrebbe da dire un po’ demagogicamente: “si tagliassero lo stipnedio!”): questo costituirebbe una marcia indietro, una regressione politica ma anche culturale grave e inspiegabile. Ritengo del tutto inproprio il richiamo che i proponenti fanno ai “costi della politica”. Come radicali, siamo da sempre favorevoli a un oculato utilizzo del denaro pubblico; pertanto, siamo assolutamente favorevoli ad economie di scala (per esempio, l’utilizzo
di strutture regionali già esistenti per le funzioni di segreteria e di archivio). Non si può e non si deve, invece, fare l’economia di un istituto, di una persona, che deve essere messa in grado di affrontare la mole di lavoro
prima accennata con la dovuta tranquillità economica (stiamo parlando di uno stipendio di 3.000 euro mensili; nulla se confrontato alle mille nomine regionali). E a proposito di costi, quanto è il costo economico per i contribuenti piemontesi della situazione esistente nelle carceri della regione (tenendo presente che il costo di un detenuto è pari a 160 euro al giorno; il costo di un detenuto tossicodipendente in una comunità terapeutica non va oltre i 50 euro al giorno)? Trovo, poi, francamente inspiegabile la proposta di assegnare le funzioni del garante all’Osservatorio regionale sull’usura. Le funzioni e la stessa mission dell’Osservatorio sono del tutto altre rispetto alle funzioni e alla mission del garante. L’unico risultato che si otterrebbe sarebbe di snaturare l’Osservatorio, senza ottenere un garante all’altezza dei compiti affidatigli.
Le stesse valutazioni possono essere fatte rispetto alla proposta di “aggregare” il garante agli uffici del Difensore Civico regionale. Ben venga, lo ripeto, l’utilizzo di strutture comuni, ma il Difensore Civico regionale è già oberato di una mole di ricorsi tale da impedirgli di dedicarsi seriamente alle problematiche carcerarie. Occorre, invece, una figura nuova, munita di adeguata professionalità ed esperienza, che si ponga al servizio dell’intera comunità penitenziaria (non solo dei detenuti, ma anche di tutto il personale che vive nel carcere), che sappia valorizzare le sinergie possibili, i finanziamenti possibili (vedi “Cassa delle Ammende”), le risorse celate e
misconosciute dietro le sbarre.
Ciò detto c’è un dato di fondo ovvero un Consiglio regionale che approva una legge e poi non la attua ed è questa la questione principale, che poi è la peste italiana: le istituzioni che non rispettano le leggi che esse stesse hanno approvato.
Questa sera, mercoledì 6 giugno, dalle ore 17:30 alle ore 18:30, militanti di Radicali Italiani e dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta terranno un sit-in all’entrata del “Museo Carcere Le Nuove” (Torino, via Paolo Borsellino n. 3), in concomitanza con un seminario dell’UNICRI sul sovraffollamento delle carceri (con interventi, fra gli altri, di Giovanni Tamburino, Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, e di Pietro Buffa, direttore Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino).