ÈvvivaUna pagina inutile e un’occasione persa.

Corriere della Sera di ieri: in occasione dell’incontro mondiale della famiglia che si svolge a Milano, il giornale dedica un numero da collezione al tema. Campeggia, a tutta pagina, una foto che l...

Corriere della Sera di ieri: in occasione dell’incontro mondiale della famiglia che si svolge a Milano, il giornale dedica un numero da collezione al tema.

Campeggia, a tutta pagina, una foto che la dice lunga su com’è intesa la maternità dalle nostre parti, sul pianeta Italia. È la foto di una famiglia: analizziamola. C’è la madre, con i capelli raccolti a crocchia sulla nuca, con le bretelline della sottoveste che le scendono sulle spalle, nell’atto di mantenersi fasciato il seno: tutto lascia intendere che sia in procinto di allattare. Già questa raffigurazione mi fa storcere il naso, come se una donna che ha appena partorito dovesse essere per forza rappresentata in camicia da notte, stesa sul letto e con le tette tra le mani. Che qualcuno spieghi al mondo che hanno inventato delle camicie molto sexy, con apposite scollature per allattare i neonati, non c’è bisogno di raffigurarci per forza come delle mucche sciatte e sempre malate.

Guardiamo ancora. Il seno le sta quasi esplodendo, il che mi fa ricordare quanto può essere dolorosa la montata lattea (la sofferenza nel destino delle donne). Alla sua destra, un bambino, anch’esso in fasce (manco fossimo nella grotta di Betlemme), protende le manine verso la mamma, ma non in un gesto di tenerezza, ma più che altro di accaparamento. Si tratta della sua sopravvivenza contro il bisogno che magari ha la madre di restare vestita per un po’. La mamma, a sua volta, lo guarda con gli occhi dolci e adoranti, come se quello fosse tutto il suo mondo, tutto ciò che è votata a fare: allattare suo figlio. È felice, appagata, come se non desiderasse null’altro. Ha uno sguardo sereno e docile, rivolto al bambino che già apre la bocca, pronto a succhiare.

Ma l’immagine più inquietante è quella del padre. Un uomo moderno, ma relegato sullo sfondo, a cui non viene neppure disegnato il corpo, che quasi si confonde nel complesso del quadro. La prima cosa che salta agli occhi è la sensazione di inutilità, di distacco dal contesto. Il padre è solo un osservatore. Riccioli bianchi e slavati, occhi tristi venati di astio. Labbra serrate in una smorfia contratta. Insomma, un escluso. Mi chiedo cosa abbia spinto degli uomini a raffigurare un uomo così.

A volte penso che, per cambiare le cose, bisognerebbe abbattere un’intera iconografia. Che gli uomini dovrebbero ribellarsi tutti e chiedere a gran voce che venga attribuito anche a loro un ruolo nell’esperienza familiare di maternità, che debbano insorgere contro chi li relega ad un puntino sullo sfondo.

Scorrendo le pagine, scopro che il Corriere ha deciso di dedicare il numero speciale a un’antologia di brani scelti, tutti aventi ad oggetto gli affetti familiari. Giovanni Pascoli, Gabriele D’Annunzio, Guido Gozzano, Giuseppe Ungaretti, Umberto Saba, Vincenzo Cardarelli, Clemente Rebora, Leonardo Sinisgalli, Camillo Sbarbaro, Vittorio Sereni, Giorgio Caproni, Attilio Bertolucci, Andrea Zanzotto, Giorgio Orelli, Giovanni Raboni. Gli autori scelti per rappresentare la famiglia sono tutti uomini. Poi, in mezzo a questa selva di organi genitali maschili, spiccano due tesori, due donne, Antonia Pozzi e Alda Merini. È allora che mi chiedo come possa un giornale buttare all’aria in un attimo una “possibilità”. Mi sembra una pagina vecchia e anacronistica, a partire dalla riflessione di Claudio Magris. Vecchia e stantia. Povera, pure. Perché l’antologia scelta è degna delle peggiori ricerche effettuate su Google digitando la voce “poeti e famiglia”. Perché lo scenario è talmente deprimente e lontano dalla realtà che quasi fa levare un urlo di rabbia e vendetta. Per comprenderlo, mi è bastata un’incursione nel web. Alda Merini, in un’intervista rilasciata qualche tempo fa a Maria Piacente, disse, a proposito della maternità: “l’uomo è geloso dei figli, perché quando nascono i figli la donna non lo guarda più, perché l’uomo è stupido, vedi la violenza carnale, vedi la considerazione del pene come margine di sicurezza, la donna si appropria del pene involontariamente quando genera”. Ma questo, per un uomo è impossibile da sostenere e da mettere in una pagina.

Disegnateli nell’atto di impugnare un biberon e di ficcarlo in bocca al proprio figlio, santiddio. Li renderete più dignitosi. E più uomini. Lo fanno anche gli uomini, eh.

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