United we stand. Questo dovrebbe essere lo slogan che dovrebbe unirci, di fronte alle drammatiche immagini che vediamo dalle zone terremotate, mentre ci apprestiamo a festeggiare la nascita della Repubblica.
Invece, è una rincorsa generale a far polemiche eccessive e pretestuose contro la manifestazione del 2 giugno. Eccessive, perché non sono certamente quei pochi fondi, peraltro già impegnati da tempo, a poter lenire il dramma di un’economia piegata dal terremoto; pretestuose, perché sono divenute la scusa per far crescere un sentimento di vecchio antimilitarismo, incapace di leggere nei volti di coloro che vivono con impegno un lavoro che tutto è tranne che ben pagato, la passione e la generosità che gli stessi impiegano all’estero in missioni internazionali di pace. Non di rado, peraltro, pagando il loro lavoro con la vita.
Invece, si è cercato, vellicando gli istinti sociali più epidermici, di cambiare natura al 2 giugno, dimenticando che è festa della Repubblica e per questo simbolo di libertà, di pace e di democrazia. D’altronde, così fanno le grandi democrazie del mondo, dagli Stati Uniti (4 luglio), alla Francia (14 luglio), alla Germania (3 ottobre), alla Spagna (12 ottobre); in ogni Paese, la festa nazionale è il luogo e il momento dove il Paese si ritrova, rinnovando i suoi sentimenti di unità o, come quest’anno per noi, “leccandosi le sue ferite”. Con dignità e compostezza.
Eppure, nessuno di quelle grandi democrazie sopprimerebbe la propria festa, nonostante il più duro degli eventi. Anzi, proprio di fronte alle prove più dure, come il terremoto che abbiamo di fronte ai nostri occhi, i Paesi dimostrano la loro saldezza e consapevolezza, confermando i propri valori.
Questo fa un grande Paese: sta unito, con consapevole dignità di quanto gli è capitato. Fortunatamente, da tempo, i Presidenti Ciampi e Napolitano hanno ripristinato quei miti (la bandiera italiana esposta obbligatoriamente negli uffici pubblici, ad esempio) e quei riti (la festa della Repubblica il 2 giugno e la sfilata ai Fori, ad esempio) che rendono un Paese più saldo perché capace di vivere anche di una memoria condivisa, fatta di immagini, luoghi, momenti che rendono lo stare insieme, un insieme comune.
Pensiamoci, quindi, il 2 giugno: non sprechiamo questa occasione. Festeggiamola anche per chi, in questo momento, soffre sotto le macerie di un terremoto così duro. Senza rinunciare a testimoniare che i valori della nostra Costituzione e della nostra democrazia si difendono e si proiettano nel futuro confermando una festa ritrovata, e per troppo tempo dimenticata.
Perché il 2 giugno è la festa della Repubblica, simbolo di un Paese unito. Sempre. Come si dice, tanto nella buona quanto, appunto, nella cattiva sorte.
* Articolo uscito sul quotidiano on line Umbria24.it, il 1 giugno 2012 – Link