Diciamocelo chiaramente : anche il più europeo dei politici non vuole l’Europa.
Questo potrebbe essere una presa di posizione più che valida, qualora il loro programma fosse quello di allontanarsi dal vecchio continente. Ma ciò non è possibile per via dei trattati, e della convenienza implicita di stare dentro l’unione. Questi paletti formali rendono impossibile una presa di posizione forte contro l’Europa. Quindi tutti sono costretti ad assecondarla, ma in realtà nessuno di loro gode nel dichiararsi congiunto a lei. Come si può costruire una federazione se le cose stanno così? Ma la si vuole costruire realmente?
Il nostro Presidente Del Consiglio europeo Herman Van Rompuy(famoso in Cina ma sconosciuto in Europa)Intervistano il 9 maggio per la giornata dell’Europa da Euronews, con la sua solita calma alla domanda “Diventeremo un unico paese in futuro?” rispose: “No, non credo. L’Unione europea non diventerà mai gli Stati Uniti d’Europa”.
Esclude a priori la possibilità di un’Europa federale. Attenzione, sicuramente ha ragione, ma è curioso notare che l’idea di uno stato federale sia una concezione così tanto distante persino in teoria. Il presidente del consiglio è noto alle cronache per la sua diffidenza nei confronti della democrazia. Preferisce un meccanismo molto più referenziato e burocratico.
Il vero Presidente del Consiglio europeo, Angela Merkel, a differenza di Van Rompuy, è molto nota in Europa, ma non per la sua predisposizione europeiste. Anche lei ha qualche difficoltà nel concedere spazi democratici ed elettivi all’interno delle istituzioni europee. In un’intervista dichiarò:
“Nel corso di un lungo processo, trasferiremo sempre più competenze alla Commissione, che poi, per le competenze europee funzionerà, come un governo europeo. In questo quadro rien¬tra un Parlamento forte. La seconda camera è costituita praticamente dal Consiglio con i Capi di Governo”
Commissioni scelte come? Nominate? Il Governo europeo sarà guidato da nominati? E’ questo il grande progetto europeo? Un parlamento “forte” e una commissione di burocratici? Questo continente farebbe un salto indietro di trecento anni.
E i governi nazionali? Loro desiderano l’Europa? In realtà no.
Prima di tutto l’Europa funge da scudo per la loro mancanza di coraggio. Quando la situazione diventa insostenibile e le riforme non sono più rimandabili si chiama in causa l’Europa. La quale ci costringe a riformare le pensioni, cambiare il mercato del lavoro, mettere un tappo alla spesa pubblica. Si scaricano le inadempienze personali sull’astratta e indefinibile Europa, la quale, non avendo figure istituzionali precise, è una chimera inattaccabile.
Sia la politica che l’opinione pubblica sono più interessanti a volgere lo sguardo verso l’interno, perché è molto più semplice considerare il cortile di casa tua il centro dell’universo, invece di volgere lo sguardo al di là del confine. I giornali – che prima della crisi non nominavano mai la parola Europa– sono ben felici di puntare gli obiettivi delle loro telecamere verso personaggi locali buffi e impreparati. Si versano fiumi di inchiostro per pettegolezzi politici e scenari “provinciali” perpetuando l’illusione della nazione tolemaica.
Nel bellissimo libro di Telmo Pievani” La vita inaspettata”, il filosofo dichiara:
“Non era inscritto nel processo fin dall’inizio che dovesse andare a finire proprio così e non in un altro modo. Se anche una sola delle innumerevoli biforcazioni che ci precedono si fosse risolta diversamente, noi potremmo tranquillamente non esistere”
Immaginiamo una biforcazione diversa per l’Europa.
Nel 7 febbraio 1992 sulle rive del Mosa si firma il trattato di Maastricht. In questo documento si sancisce l’unione politica europea, una moneta unica con una vera banca centrale alle spalle. L’intera unione decide di emettere sul mercato un unico debito.
La Grecia non trucca i conti e viene aiutata anticipatamente ,così da evitare una speculazione bancaria da parte di Francia e Germania. L’Italia promuove una seria riduzione del proprio debito e inizia a eleggere politici competenti ,i quali vigilino sulla corruzione e l’evasione senza tener conto dei populismi elettorali. La Spagna smette di regalare mutui a destra e a sinistra evitando la bolla immobiliare. Con il passare del tempo si attuano politiche d’integrazione, promuovendo sin dall’asilo corsi bilingue per agevolare l’unione futura. L’Inghilterra smette di essere il galoppino degli Stati Uniti e decide di mettere in atto quel pragmatismo di cui vanno tanto fieri. Si creano testate giornalistiche comuni e media congiunti per rafforzare l’opinione pubblica.
Ovviamente sono scenari improbabili. Però possiamo abbandonarci a un ultimo e smielato auspicio: per lo meno smettetela di odiare l’Europa.