E’ stato pubblicato l’anno scorso, ma non ha certo perso di attualità, il libro “Il nuovo nell’antico. Comunicazione e testimonianza nell’era digitale” scritto da monsignor Domenico Pompili, sottosegretario e portavoce Cei e direttore dell’ufficio nazionale per le comunicazioni sociali. E’ un testo interessante anche perché attraverso esso si può percepire come l’istituzione cattolica stia mettendo in discussione, dall’interno, il proprio modo di comunicare. E’ sufficiente pensare al fatto che la Chiesa sia in piedi da duemila anni per farsi intellettualmente stuzzicare da questo libro, di cui riporto alcuni passaggi.
“E’ curioso osservare – scrive Pompili all’inizio del suo libro – come le obiezioni che oggi vengono mosse ai new media somiglino in modo impressionante a quella avanzate da Platone nei confronti della scrittura: l’espropriazione della memoria e il suo trasferimento all’esterno della mente, poter creare immagini fittizie (l’avatar ad esempio per l’online), l’impossibilità di un vero dialogo (dovuto all’assenza di corporeità)”. Insomma la scrittura è stata per alcuni, come oggi l’online, una tecnologia pericolosa.
Pompili esamina il contesto sociale e culturale in cui i nuovi mezzi di comunicazione si sono diffusi. L’online non può essere considerato solo uno strumento, perché è diventato a tutti gli effetti un ambiente, un “luogo” da abitare, dove ci si incontra e si instaurano relazioni e ciò vale ancor di più per i social network. In questi “luoghi” infatti – l’Autore conferma – si “esiste”: spesso il fatto di “postare” assolve proprio la funzione di confermare agli altri, agli “amici” di facebook – perché è soprattutto di facebook che si parla – la propria esistenza. Inoltre, le nostre azioni seppure “online” hanno effetti concreti sui processi della realtà nel suo complesso, sull’ambiente che ci circonda e sulla nostra mentalità. Si tratta di un cambiamento antropologico e “se la personalità umana è plasmata da questi nuovi linguaggi, anche l’evangelizzazione deve farsene carico, se non vuole parlare a un uomo diverso da quello reale”. Non per niente anche i nuovi Orientamenti pastorali hanno definito i nuovi media “un nuovo contesto esistenziale”: anche la Chiesa ha iniziato a comprendere i media come cultura e non solo come mezzi.
Proprio per questo è necessario imparare ad abitarli, soprattutto i social network dove al centro è posta propria la relazione con l’altro, oltre che con sé stessi, grazie all’alto grado di interattività. Lo devono fare i giovani, che devono capire opportunità e minacce esistenti nell’ambiente “virtuale”, ma anche la Chiesa, sollecita Pompili, che deve porsi in maniera aperta all’uso di questi mezzi: in questi nuovi luoghi anche la Chiesa deve imparare ed insegnare a creare “relazioni autentiche”. “La parrocchia deve assumere la forma di uno spazio educativo dove si possa familiarizzare anche con i nuovi media per far sì che in una società sempre più ricca di informazioni e conoscenze come la nostra non si scindano ulteriormente razionalità, dimensione affettiva e vita spirituale.”
“Non è possibile che i comunicatori cristiani – dice Pompili – studino ed approfondiscono per anni i contenuti della fede e poi ignorino le regole elementari della comunicazione”. Non mancano poi nel testo riflessioni sul ruolo della tecnica, sulla “mancanza di confini” dei nuovi media, sulle relazioni nel web 2.0, sui giovani e altre questioni come la figura del testimone, portatore di testimonianza appunto, che fra l’altro si lega al successo dei blog e a tutta l’informazione non istituzionalizzata, dove l’autorevolezza non è acquisita in base dal ruolo ricoperto, ma più dalla credibilità e reputazione della persona. Insomma, tutte questioni al centro del dibattito sui media che stimolano considerazioni trasversali ai vari campi del sapere e dell’agire. Leggere questo libro significa guardare uno stesso oggetto, la comunicazione web 2.0, da una angolazione diversa, quindi senz’altro arricchente.
“Il nuovo nell’antico. Comunicazione e testimonianza dell’era digitale”, Domenico Pompili, 2011, edizione San Paolo.