A sole quarant’otto ore dalla chiusura delle urne il Messico ha un nuovo presidente ed un grande dubbio che si ripete per la seconda volta dopo sei anni: il paese può realmente permettersi elezioni generali corrette, prive di brogli, pressioni televisive e della malavita, minacce ed episodi di corruzione?
Il fantasma di una ennesima guerra che potrebbe non riguardare soltanto i tribunali ma estendersi nelle strade e nei vari stati del paese potrebbe ripetersi, come accadde nel 2006 quando Lopez Obrador il candidato della sinistra perse per meno di un punto percentuale, avviando una serie di ricorsi alle autorità elettorali ed alla Corte Suprema, ma soprattutto invitando i cittadini a marciare e protestare per un furto conclamato del loro voto.
Così mentre Enrique Peña Nieto, neo-presidente del vecchissimo e discusso Partito Rivoluzionario Istituzionale vincente con il 38,1% inizia a preparare la propria squadra di governo e si prepara alla promessa “brasilianizzazione del paese” con un grandissimo piano sociale che costerà moltissimi soldi ma in cui tantissimi sperano e promette, pur fra tanti dubbi, di proseguire la lotta al narcotraffico, dall’altra parte la coalizione di sinistra, fermatasi al 31%, i sindacati, il Movimento civico YoSoy132 ha iniziato la propria campagna di denuncia, ha iniziato a pubblicare sulle reti sociali le immagini di brogli, le denunce di cittadini pagati per votare
Lopez Obrador in prima persona ha accusato il neo-presidente messicano di aver organizzato una fittissima rete di compravendita di voti in moltissimi stati, contestando anche la mole di finanziamenti utilizzati dal PRI, assolutamente sproporzionata e vietata dalla Costituzione e promettendo di mostrare le prove in suo possesso al termine del processo elettorale e dello scrutinio definitivo che si concluderà domani.
Eppure il PRI ha vinto su tutti i fronti. Lo storico partito messicano, pur non ottenendo la maggioranza assoluta dei deputati e dei senatori, ha praticamente raddoppiato i seggi alla Camera rispetto al 2006 (232 seggi su 500) ed ha strappato 18 seggi agli avversari al Senato (57 su 128) mentre la sfida per i governatorati ha visto un sostanziale pareggio fra il PRI ed il Partito Rivoluzionario Democratico che però ha perso in uno stato storicamente di sinistra e strategico come il Chiapas
Tutte le contestazioni sono indirizzate al Istituto Federale Elettorale e sulla catena televisiva Televisa colpevoli di aver subito comunicato i risultati senza attendere alcun riscontro dalle urne ed in particolare contro il sistema di risultati elettorali preliminari che seleziona un campione dei verbali delle urne, poco indicativo, che dava subito la vittoria a Peña Nieto e che sembrerebbe smentito dal conteggio ufficiale.
Per ora Lopez Obrador ed i manifestanti hanno ottenuto il riconteggio di un terzo delle urne elettorali, ma ai messicani non basteranno di certo i complimenti di Obama e di altri presidenti per accettare un ennesimo processo elettorale macchiato.