L’ennesimo vertice europeo dall’inizio della crisi è andato come previsto. L’Eurogruppo di ieri, finito a tarda ora, non ha portato innovazioni degne di rilievo. Del resto, anche il ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schäuble aveva affermato, alla vigilia, di non attendersi grossi passi in avanti. Sono stati deliberati 30 miliardi di euro di aiuti finanziari alle banche spagnole, che dovrebbero essere stanziati entro fine mese. Ma è arrivato anche il via libera all’azione della Banca centrale europea in nome e per conto del fondo European financial stability facility (Efsf). Tuttavia, è passato quasi inosservato un aspetto che potenzialmente rischia di condizionare il futuro dell’eurozona. Mentre si attacca la Germania per via dell’austerity, si è conclusa l’ultima farsa. Il peccato originale di buona parte di questa crisi, ovvero lo sforamento ripetuto dei vincoli di bilancio sottoscritti da tutti gli Stati membri dell’eurozona, si è ripetuto. La Spagna, oltre ai 100 miliardi di euro per le banche, ha ottenuto più tempo per il consolidamento fiscale.
Come accadde coi parametri di Maastricht, anche oggi si sta ripetendo lo stesso errore. Alla Spagna è stato dato un anno supplementare che raggiungere gli obiettivi di bilancio che aveva concordato con la Commissione europea. In altre parole, una deroga dal Fiscal compact, il nuovo assetto di disciplina di bilancio tanto voluto dalla Germania. Come per ogni azione di questo genere, dalla Commissione Ue hanno spiegato che il caso della Spagna è unico e non rappresenterà un precedente. Lo stesso si è era detto a riguardo del primo salvataggio della Grecia, avvenuto nella primavera del 2010. Sono poi giunti quelli di Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro. L’eccezione che diventa la regola è la vera consuetudine in Europa. I due paletti fondamentali, cioè rapporto deficit/Pil al 3% e debito/Pil entro il 60%, sono sempre più dei limiti fatti solo per essere superati.
Chi afferma che Berlino pensa solo al rigore di bilancio, sbaglia. Prima con Maastricht, poi con il Fiscal compact, qualsiasi norma introdotta è stata aggirata, derogata, evitata. Una volta c’erano le procedure d’infrazione per i bilanci pubblici eccedenti i limiti di Maastricht. Ora, ci sono, o meglio ci dovrebbero essere, le sanzioni per i Paesi meno virtuosi. Ma si tratta di un meccanismo destinato a rimanere sulla carta. Nella pratica è poco probabile che una nazione come la Spagna, che ha appena chiesto un sostegno finanziario nel tentativo di bloccare il deterioramento degli asset delle proprie banche, possa pagare per via del suo eccessivo disavanzo pubblico. Con una recessione in corso, un tasso di disoccupazione oltre il 20%, diverse regioni autonome in procinto di alzare bandiera bianca e un sistema bancario dissestato, Madrid rischierebbe di avvitarsi su se stessa. Sia Germania sia Europa lo sanno e su questa base hanno iniziato la distorsione, l’ennesima.
Il messaggio dato è effimero. Da un lato l’Europa ricorda che senza disciplina di bilancio la situazione è insostenibile. Dall’altro si chiude un occhio nel caso una nazione alzi la testa e dica che non può rispettare i patti sottoscritti. Il circo continua, i rischi aumentano, l’uscita del tunnel è sempre più lontana.