LONDRA – Le parole sono importanti. Ma ancora più di quelle, lo sono i fatti. E, per ora, sul piatto non c’è nulla. La reazione dei mercati finanziari alle parole del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi è stata assai positiva. Ma a ben guardare, era facile prevederla. «Senza eurozona, non esisterebbe la Bce. Draghi ha tutto da guadagnare nel salvataggio dell’euro», si è sentito dire oggi nella platea della Global Investment Conference a Londra, dove il numro uno dell’Eurotower ha parlato. Non solo. «Draghi ha parlato di sopravvivenza dell’euro, non dell’attuale struttura dell’eurozona», ha detto un’altro banchiere. Del resto, è facile attribuire un significato positivo alle frasi di Draghi. Quando la tempesta imperversa, basta un raggio di sole per avere fiducia. Ma non è detto che il peggio sia passato.
La comunità finanziaria londinese non è spaventata dall’eventuale uscita della Grecia dall’eurozona. No, quello è un evento che più o meno quasi tutte le banche hanno già prezzato. Diverso è invece il discorso su un’eventuale collasso della zona euro. Se è vero che i piani di contingenza in quel caso sono pressoché pronti a qualsiasi livello, è altrettanto vero che non esiste alcuna sicurezza su cosa potrebbe accadere. «Altro che Lehman Brothers, sarebbe l’equivalente di una guerra mondiale», dice allarmato uno funzionario di Barclays di fronte a un caffè. Mentre sorseggia, ricorda i giorni che seguirono il crac della quarta banca statunitense, finita a gambe all’aria il 15 settembre 2008. «Tutto era bloccato, tutto era fermo, la paura si era impossessata di qualsiasi mercato finanziario», dice. E per fortuna che proprio Barclays, all’ultimo, disse di no all’acquisizione degli asset di Lehman Bros. Un’operazione che forse non avrebbe salvato comunque la banca americana, che sarebbe finita in ristrutturazione, ma che forse avrebbe evitato il terremoto che poi si è scatenato. «Non possiamo pensare che gli eurocrati siano così folli da lasciare cadere il mondo intero così, per inettitudine e lassismo», spiega. Qualcosa si farà. Nel breve termine si prenderà tempo con nuove operazioni per sostenere il sistema bancario e, forse, si cercherà di stimolare la crescita, pur sempre con un occhio all’inflazione. Le decisioni per salvare il salvabile saranno prese. Ma forse non nel modo che si può immaginare di primo acchito.
«Quando pensi all’eurozona devi immaginartela come un condominio: se un appartamento viene lasciato libero da un inquilino è possibile che un altro occupi quell’appartamento». Così un altro economista, questa volta della Bank of England, mi ha spiegato che opinione si è fatto sull’attuale situazione dell’eurozona. In altre parole, se anche la Grecia dovesse uscire, altri potrebbero entrare. Certo, prima però occorre che si cambino i Trattati europei, a cominciare da quello di Lisbona, che non disciplina l’uscita dalla moneta unica, ma solo quella dall’Europa. «Vedi, le cose sono due: o si decidono a rendere più flessibile i meccanismi della zona euro oppure Draghi diventerà un disoccupato. E non credo che voglia diventarlo», continua il funzionario di Threadneedle Street. Delle due l’una.