Nuovo MondoQuanto vorrei una riforma tv di Zapatero in Italia

Sarei contento se per un giorno, per un solo giorno esistesse in Italia un premier del coraggio e della visione d’insieme di Josè Luis Zapatero e della sua riforma della tv, per quanto migliorabile...

Sarei contento se per un giorno, per un solo giorno esistesse in Italia un premier del coraggio e della visione d’insieme di Josè Luis Zapatero e della sua riforma della tv, per quanto migliorabile, perché così finirebbe questo ignobile teatrino della RAI, con politici dilettanti che si dividono una torta ormai guasta e vecchia.

Peccato che nel mentre anche la Spagna sia tornata indietro, preferendo i più facili inciuci fra i partiti, le nomine dirette dell’Esecutivo ed ovviamente il progressivo disimpegno statale, con la scusa del debito, ma senza considerare che la tv è pubblica proprio perché deve garantire la collettività e l’informazione ad essa destinata e non i punti di vista.

La Riforma Zapatero prevedeva infatti un sistema di finanziamento del canale pubblico con il 50% proveniente dallo Stato, il 40% proveniente da introiti pubblicitari ed il 10% dalla vendita di programmi e materiali d’archivio e creazioni della tv pubblica esportabili all’Estero. Niente canone-tassa per i cittadini, niente tv trash (almeno nelle intenzioni) importata dall’Estero. Tutto giusto, se non fosse che in tempi di vacche magre il 50% gravante sullo Stato sarebbe stato ovviamente da rivedere, ma non per questo stravolgendone l’impianto.

Il secondo punto, quello fondamentale, svincolava il CdA dalle logiche di partitismo, perché i dodici componenti erano votati sì dalla Camera e dal Senato (in numero di quattro), ma con maggioranza dei 2/3 e tra persone di comprovata esperienza nel settore economico e della comunicazione. Idem per gli altri quattro designati rispettivamente dai sindacati e dal Consiglio Audiovisivo (organismo, eletto dal Parlamento con un mandato di 6 anni, che avrebbe regolato le frequenze e i costi della tv pubblica oltre a regolare i flussi pubblicitari e la qualità dei programmi) ed a cadenza di sei anni in modo da svincolarli da logiche governative ed elettorali.

Il Direttore Generale è eletto dopo un concorso pubblico, dopo debita presentazione di curriculum afferenti alla loro esperienza nel settore e non in altri settori pubblici e successivamente ratificata dai 2/3 del CdA. Inutile dire che anche il programma di fusioni nel privato, con gestione dello share e delle frequenze in modo serio, un tetto di budget per gli eventi, oltre alla riduzione pubblicitaria sulle tv pubbliche e private (che a suo tempo venne applaudita anche dagli attuali fustigatori di Bruxelles) sono cose impossibili da chiedere in Italia, sebbene anche Rajoy sia ritornato in ogni caso alla maggioranza assoluta, ridando tutto in mano ai partiti ed al governo in particolare.

Non tutto riuscì alla perfezione e non mi stupirei se oggi qualche contabile si alzasse per contestare i conti della riforma ed accennare alle spending review sulla tv, come sta facendo Rajoy, cadendo nella trappola della qualità mista alla ragioneria. Eppure ancora oggi quello di Zapatero resta l’ultimo tentativo in Europa di conservare un minimo di imparzialità, dignità ed identità nazionale ad una tv che si vuole definire pubblica. E per certi versi Sarkozy, pur gravando sulle tasche, lo ha imitato. Forse solo un tetto ai compensi delle genialità che vediamo in tv come giornalisti o presentatori manca a questo elenco.

Oggi Zapatero e Sarkozy non ci sono più e c’è chi gioisce e marcia sulle loro riforme, ma bisognerebbe chiedere ai loro cittadini cosa pensano della tv pubblica di questi anni e della sua gestione mentre noi, siamo ancora qui a discutere di Vespa e Santoro, mentre Berlusconi ed i suoi adepti ancora capaci di bloccare cessioni di frequenze e nomine e Bersani e Casini non hanno miglior soluzione del solito commissariamento.

Anzi, per farci capire quanto servirebbe Zapatero, potremmo dirvi che il premier ha partorito come futuro presidente Rai, Anna Maria Tarantola, persona sicuramente encomiabile, ex dirigente della Banca d’Italia e docente all’Università Cattolica e come direttore generale Luigi Gubitosi, ex dirigente nell’area Fiat, ex bancario ed ovviamente docente. Peccato che entrambi non sappiano nulla di media, comunicazione e televisione, forse non l’hanno neppure mai guardata. Però conoscono di economia, banche e per di più insegnano…Ah bé allora…

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