WildItaly.netSpending review: la provincia senza Provincia

Nel Lazio profondo la notizia è giunta all'improvviso, come un temporale alla fine di luglio. La gente affolla le edicole, legge le locandine della stampa locale, scuote la testa, perplessa. Il gov...

Nel Lazio profondo la notizia è giunta all’improvviso, come un temporale alla fine di luglio. La gente affolla le edicole, legge le locandine della stampa locale, scuote la testa, perplessa. Il governo Monti ha deciso: via per decreto sessantaquattro province. Tutte quelle che non rientrano in due precisi criteri prestabiliti: avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale di 2500 km quadrati. Chi non rientra deve fondersi con i vicini e raggiungere i limiti previsti.

Ma i calcoli di Roma dovranno scontrarsi con il durissimo campanilismo italico. La riforma rimette tutto in discussione: le proprie radici, la propria identità, il tifo calcistico di derby combattuti spesso all’ultimo sangue. Rivalità che talvolta risalgono a due-tremila anni fa. Nel Lazio, ad esempio, dove la riforma colpirà nel profondo, nascerà la provincia della Tuscia-Sabina che fonde Viterbo e Rieti, Etruschi e Sabini, la cui prima guerra risale ai tempi di Romolo e Remo. Appena uscita la notizia del decreto è già scoppiata la lite: si chiamerà Tuscia-Sabina o Sabina-Tuscia? A Rieti, pur di non finire con gli altri, sognano di scappare in Umbria, a Viterbo in Toscana.

Nella mia città, non si parla d’altro: è meglio tornare sotto Roma, come nell’Ottocento, o unirsi a Frosinone? Cosa scegliere fra un futuro da burini o uno da ciociari? Entrambe disdicevoli. Meglio Roma la Capitale! No, meglio Frosinone, Roma “ce magna tutto”!

A Latina, Fernando Bassoli, scrittore locale urla furibondo: “No alla frosinizzazione! Noi non abbiamo alcunché da spartire con la Ciociaria e il suo territorio, né a livello antropologico che socioculturale. Noi siamo Latina, la seconda città del Lazio, una realtà unica, e tale vogliamo restare!” E a Frosinone è ancora peggio perché potrebbe finire proprio sotto il controllo dell’odiatissima seconda città del Lazio. Basti pensare che ogni anno il derby allo stadio fra pontini e ciociari, fra pianura e montagna fa scattare l’allerta in Questura. Dopo il 2 a 0 della scorsa stagione, Frosinone non potrà reggere l’onta di sottomettersi anche amministrativamente all’ex palude.

La cosa sta facendo discutere tutta l’Italia e nella difesa delle Province, il nostro Paese è meravigliosamente unito: dal Friuli dove Pordenone è pronta alla guerra per non sottomettersi ad Udine, alle Marche dove Macerata e Ascoli si litigano pezzi di confine prezioso per salvarsi. In Campania per evitare la fusione fra le rivali Benevento e Avellino si invoca la Costituzione, a Verbania sono pronti ad accettare il matrimonio con Novara ma pretendono almeno il doppio nome come Massa Carrara.

Al di là dei dibattiti storico-identitari, le Province però sono enti inutili. Uffici spreconi dove viene riciclato il peggio dei partiti, fabbriche senza sosta di burocrati da sistemare e società partecipate. Sarebbero da eliminare tutte d’un colpo, dividendo le poche competenze rimaste fra le Regioni e i Comuni. Lasciare i confini attuali solo per calcoli statistici o per i distaccamenti del governo centrale come la Prefettura o la Questura.

Il problema è che per farlo servirebbe una riforma della Costituzione e vent’anni di dibattiti hanno dimostrato che le province, anche se nessuno le vuole, sono intoccabili. Il governo, come in altre cose, ha agito con la scure, con i tagli lineari con un’operazione i cui risparmi sono difficili da calcolare ma creando di sicuro autentici mostri senza radici. Mostri che stanno lasciando perplessi molti Italiani.

I politici lo sanno e per non perdere poltrone preziose hanno iniziato la rivolta. In tutto lo Stivale non c’è sindaco o presidente di provincia che, in queste ore, non stia gridando allo scandalo. Nel Lazio è scesa in campo la governatrice in persona: Renata Polverini che parla di “numeri beffardi che ci fanno perdere Viterbo per 30 mila abitanti e Latina per 49 chilometri quadrati!” Latina e Viterbo ovvero (casualmente) i serbatoi elettorali della presidentessa. In Puglia sta per nascere un’associazione fra le province soppresse con lo scopo di far pressione su onorevoli e senatori per salvare il salvabile. E, con le elezioni in vista, anche politici nazionali sono pronti a strizzare l’occhio all’orgoglio cittadino e a mantenere il controllo dei territori.

Riuscirà Mario Monti a cambiare la cartina geografica italiana?

FABIO BRINCHI GIUSTI
per Wilditaly.net

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