Controllare le aziende con i soldi presi a prestito e le catene societarie. È una vecchia abitudine del capitalismo italiano, che raggiunse il suo punto di massimo fulgore quando, secondo un calcolo fatto nell’agosto 2001 dal Mondo, Marco Tronchetti Provera controllava la Telecom di allora (55 miliardi di euro) con solo 153 milioni di patrimonio personale. In sostanza, per ogni 100 euro di capitale solo 28 centesimi erano suoi.
Sono passati undici anni, la catena si è accorciata e oggi il controllo di Tronchetti si ferma alla Pirelli (secondo la linea Mtp Sapa–Gpi–Camfin–Pirelli). Tre anni fa, per salvare il gruppo, ha dovuto aprire le porte di Gpi e di Camfin al soccorso dei Malacalza, famiglia di industriali genovesi particolarmente ricchi di liquidità, dopo avere incassato 1,2 miliardi dalla vendita delle loro acciaierie a un oligarca ucraino. Fin qui è tutto filato liscio, ma come aveva rapidamente intuito l’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, a proposito del salvataggio del San Raffaele, i Malacalza non sono soci disposti a portare acqua al mulino degli altri restando in silenzio.
Così, dopo tre anni di convivenza pacifica, cominciano a volare primi stracci fra i due (con contestuale “soffiata” del carteggio fra le parti). Camfin, che dai momenti drammatici del 2009 si è ripresa e ora può contare su un discreto flussi di dividendi dalla Pirelli, ha circa 400 milioni di debiti, di cui 137 scadono a fine anno. Tronchetti è per rifinanziare il debito, i Malacalza propongono invece un aumento di capitale per rafforzare il patrimonio di Camfin, anche alla luce della situazione traballante dell’altra partecipata, la Prelios (ex Pirelli Real Estate), che necessita di mezzi freschi.
La questione sembra comunque chiusa perché nella riunione del 10 agosto il cda di Camfin ha dato mandato a Tronchetti per cercare soluzioni alternative all’aumento di capitale. Si dovrebbe andare verso un bond convertibile di circa 200 milioni, convertibile nel 6% di Pirelli, che è poi la stessa quota che Camfin possiede in Pirelli al di fuori del patto di sindacato (dove è invece conferito un pacchetto del 20,32%). Non dovrebbe essere difficile trovare investitori sostanzialmente di tipo equity che, scommettendo sull’apprezzamento delle azioni Pirelli, nel frattempo incassino una piccola remunerazione in conto interessi.
La strada intrapresa (se ne saprà di più il 29 agosto, con il cda della società) pare abbia il placet degli analisti di mercato. Peraltro, sarebbe ingenuo non vedere che la posizione della famiglia Malacalza, forte della liquidità di cui dispone, è funzionale a un proprio rafforzamento nell’azionariato di Camfin ai danni di Tronchetti. Sul tavolo, insomma, c’è in prospettiva il controllo della Pirelli.
Detto questo, però, non si può nemmeno non notare, che, nonostante tutto, Tronchetti conservi una irriducibile inclinazione alla sua specialità: controllare le aziende con meno soldi propri possibili, banche e mercato permettendo. Il lupo perde il pelo (nel frattempo ricresciuto) ma non il vizio.
Twitter: @lorenzodilena
PS. Data la mole di indiscrezioni e documenti usciti, sarà interessante vedere se la Consob chiederà alla Camfin una comunicazione ufficiale al mercato, o se invece preferirà, come già in altri clamorosi casi, non disturbare il manovratore.