Domani sabato 22 settembre, alle ore 18, si saprà chi è il più bravo velista del mondo. Forse non avrà tutti gli arti, forse sarà una donna, forse sarà un bambino o un anziano. Sulle barche di classe 2.4mR, infatti, gareggiano tutti alla pari, in una classifica sola – e al Mondiale 2012 in corso a Porto S. Giorgio, che si concluderà appunto domani con la 10ª regata, il vincitore avrà sconfitto 90 avversari, record di partecipazione per una competizione mondiale di questa classe (nel 2011 in Norvegia i partecipanti furono 59).
Qualche notizia su come sta andando il campionato, iniziato il 19 settembre, si trova sul sito web della Federvela. Nelle prime posizioni e favorito per la vittoria c’è il campione in carica, Stellan Berlin, svedese, normodotato. Il primo italiano è Fabio Vignudini, 21°, paraplegico dal 1985 a seguito di un incidente in moto. Un altro azzurro è 30°, Mario Gamberini, normodotato, campione italiano in carica. In questa classe non è però scontato che vincano i maschi: alla Paralimpiade di Londra, conclusa lo scorso 8 settembre, l’oro è andata a Helena Lucas, britannica.
Il motivo per cui le barche di classe 2.4mR possono essere condotte da tutti è che si guidano da fermi (la descrizione tecnica si trova sul sito web DuePuntoQuattro), in solitaria. Il velista è posizionato in una chiglia posta vicinissima al baricentro, e da lì non si deve muovere per cui non c’è bisogno di essere superatleti e saltare di qua e di là entro o fuori bordo per equilibrare gli sbandamenti dovuti al vento.
A vincere è, semplicemente, il più bravo. Quello che coglie meglio il vento, che capisce meglio le strategie di gara.
A vincere è l’essere umano.
P.S. Forse non sono riuscito a evitare, in questo articolo, di usare toni retorici. La questione è che, in un mondo come il nostro in cui la divisione, la specificità, l’originalità – sono valori che sembrano intoccabili – una competizione aperta a tutti e con una sola classifica finale, quella destinata al più bravo, sembra quasi rivoluzionaria. È un altro modo di concepire la competizione, la vittoria (e quell’altra sua compagna che non la racconta giusta allo stesso modo, la sconfitta). Ne riparleremo in questo blog.