Non se gli olandesi saranno più felici oggi di aver mandato a casa un ridicolo leader xenofobo coi capelli ossigenati che in due anni di vertice non ha fatto che chiacchiere e populismo o più scontenti per essere l’ennesimo paese invischiato in un probabile Grande Coalizione e quindi in un quasi sicuro commissariamento da parte dell’Unione Europea.
Innanzitutto facciamo i calcoli e spieghiamo la situazione. I Liberali della destra moderata (ma che non hanno rinunciato ad un’alleanza di governo con gli xenofobi) sono in testa con 41 seggi ed i Laburisti sono a 37 seggi. I primi potrebbero trovare sostegno solo negli amorfi cristiano-democratici che dopo gli anni d’oro di Balkenende sono franati a 13 seggi. I secondi, invece possono contare sui Socialisti fermi a 15 seggi e sui progressisti di D66 a 12 seggi, entrambi però con l’Euro sullo stomaco. Ma queste alleanze non bastano a nessuno
Il Partito della Libertà del biondo ossigenato Wilders, unico a proporre cacciate degli immigrati (che sono il 70% della manodopera) ha perso 11 seggi ed adesso si trova a 13 seggi e faranno volentieri a meno di lui. Diciamo che un po’ come Le Pen in Francia, Bossi e Maroni in Italia e gli xenofobi austriaci, anche lui si è ovviamente eclissato. Sia il popolo che l’alta finanza non ha bisogno di urlatori che fanno i perfettini sulle pelle degli altri.
Adesso, per colpa di questo incasinatissimo sistema proporzionale puro, senza sbarramento e con influenze regionali, le strade per la povera regina Beatrice (povera per modo di dire, è fra le più ricche del mondo) sono due e complicate. A chi affidare questo pastrocchio e per quale soluzione. Una è quella tedesca, ovvero la grandissima coalizione che fa felici banchieri ed agenzie di rating: basta trovare un buon burocrate che metta d’accordo liberali e socialdemocratici ed il gioco è fatto. Rutte potrebbe anche andare bene: ex manager dell’Unilever, bravo ragazzo eccetera eccetera, ma anche Neelie Kroes, un nome di peso nei salotti europei.
Poi c’è la soluzione greca che è anche quella belga ovvero litighiamo per qualche mese o per un anno e torniamo alle elezioni ma sarà difficile che accada. Una cosa è certa: anche l’Olanda sente la crisi, ma è una crisi per pochi ed è più un risultato della frenata europea che non di tracolli interni. L’Olanda in fondo cresce da anni sul privato: grandi privatizzazioni, imprese con un solo dipendente (!), il resto dei lavoratori dipendenti sempre più precario e per giunta uno stato assistenziale sempre più ristretto.
Comunque al di là dell’astensionismo e delle nostalgie da Fiorino, l’Olanda esce dalle urne tutt’altro che euroscettica, con la consapevolezza di aver la forza per poter contrastare in Europa tutte le decisioni che riguardano gli altri: gli scudi anti-spread, gli aiuti agli altri paesi, l’ingresso di Bulgaria e Romania nell’UE ed in Schengen e molto altro. D’altronde le banche ed i risparmi olandesi sono ancora al caldo ed il rating del paese è sempre AAA. Ora però anche a loro toccherà un Mario Monti fatto in casa.