Nuovo MondoKate, la vendetta di Mondadori ed il giornalismo per un popolo di guardoni

Ma quale moralismo, quale libertà di stampa e di comunicazione e quale legge del mercato. La storia delle foto di Kate Middleton prima su Closer e poi su Chi è soltanto l’ennesimo esempio di come i...

Ma quale moralismo, quale libertà di stampa e di comunicazione e quale legge del mercato. La storia delle foto di Kate Middleton prima su Closer e poi su Chi è soltanto l’ennesimo esempio di come il giornalismo italiano si sia piegato al voyeurismo ed alla spazzatura e di come la politica sia comunque in primo piano nell’editoria.

Se è vero, come è vero, che perfino dalla Corte inglese è arrivata la richiesta, quasi una preghiera, di non diffondere, seminare in tutto il mondo, le foto di quel magro topless della Duchessa di Cambridge, futura Altezza Reale, ma che alla fine l’altra corte, quella della regina Marina Berlusconi, ha seccamente rifiutato, è chiaro che si tratta di una vendetta, una fredda vendetta per tutte le tristi figuracce del papà, capo di governo, pubblicate molte volte nei tabloid inglesi, mai filtrate dalla Corte inglese e da nessun organismo di controllo.

Vendetta, tremenda vendetta, ma non solo. La verità è che siamo un popolo di guardoni ed editori di guardoni. Sarebbe curioso sapere quante copie ha venduto Chi e quante ne venderanno i giornali che, poveri di notizie, ipocritamente, pubblicano la pagina di Chi dove sono a loro volta pubblicate le foto di tette e culo di Kate Middleton e magari moralisticamente condannano pure la rivista e si ergono a difensori del pudore e della serietà.

Suvvia, lo vediamo tutti cosa leggono nei siti dei grandi giornali le persone, anzi cosa vedono. Sono tutti pronti a sparare contro Marra e Sara Tommasi ma non ci pensano due volte a parlarne, commentare, pubblicare video di nudi, topless, scene d’amore e quant’altro. È il nostro giornalismo, ben diverso da quello inglese che alla notizia pur calda, unisce una buona dose di humour ma che sa fermarsi al momento giusto, non coinvolge necessariamente personaggi con un ruolo politico rilevante perché ben conscio di quello che successe nel famoso precedente di Diana Spencer, della mai Regina d’Inghilterra.

Noi no. Noi guazziamo nel pudore altrui, il nostro giornalismo estero, povero di grandi scoop, li cerca nella star politica messa a nudo e sfrutta la nostra voglia di guardare qualunque persona spogliata delle proprie vesti, che sia una regina, un industriale o la nostra vicina di casa ed è per questo che la nostra industria editoriale fa morire i quotidiani ma sforna ogni giorno una nuova rivista ad un euro o forse a cinquanta centesimi.

E poi c’è la realtà di una monarchia facilmente attaccabile, perché condannata ad essere ridicolizzata, ad essere aggredita in ogni suo piccolo o grande difetto: quella inglese. Mai un topless è stato visto di Rania di Giordania o di Letizia Ortiz, mai una notizia è stata ribattuta del famoso scandalo finanziario dei reali di Spagna, dell’Infanta e del suo adorato marito Inaki Urdangarin, mai notizie calde su tutte le altre monarchie d’Europa e del mondo. Basta quella inglese, basta far storcere il muso a quegli snob di inglesi. Forse ne siamo solo invidiosi, Si, forse siamo anche noi un po’ nostalgici monarchici, desiderosi di una tradizione da difendere, noi che, dalla politica al giornalismo, ne abbiamo perse tante.

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