, rea di aver sfilato in passerella indossando un bikini della Parah. “Adesso basta” – avrebbe sbottato, tra gli altri, il suo collega consigliere regionale lombardo Stefano Maullu – “anche oggi siamo costretti ad assistere allo spettacolo grottesco della signora, che percorre le passerelle della settimana della moda milanese”. Ohibò.
Ai bei tempi delle “olgettine” non ricordo di aver troppo sentito i pidiellini gridare allo scandalo, e forse ce ne sarebbe stata ragione. Forse allora ero distratta, ma di questi tempi mi pare che non sia una sfilata in bikini della Minetti a pregiudicare la reputazione dei politici, proprio quelli delle due regione-città italiane più importanti: la Lombardia e Milano, capitale dell’economia e della finanza, e finanche della moda, e il Lazio e Roma capitale politica e della “cristianità” intera.
Oggi mi preoccuperei della reputazione di Parah – New generation. Ciò che mi turba di più infatti è la scelta di veicolare il proprio marchio attraverso Nicole Minetti. Il presidente Gregori Piazzalunga (nella foto) l’ha definita una “provocazione”, un modo per avere i riflettori puntati, negando che la Minetti possa essere loro testimonial. Sarà, Presidente, ma difficilmente dissoceremo la Minetti (e il costumino di pizzo bianco che ricorda tanto trine e merletti del grembiulino da cameriera) dai costumi della sua azienda. Senza dimenticare che sotto il marchio, durante la sfilata, era scritto “.
E anche di quella della moda. La Minetti ha dichiarato di non trovarci niente di sconveniente né di sbagliato nel lavoro dell’indossatrice, e dunque, perché no, lei sostiene la moda e il made in Italy. Capito, lo stigma sarebbe eventualmente per la moda e le modelle.
Naturalmente in rete ci sono video e foto in abbondanza perché, come ha scritto Michele Serra ieri sulla sua Amaca, “I media raccolgono come pepite le scoregge e guardano ai ragionamenti come a una complicazione difficilmente impaginabile“. Profetico.