Nei prossimi mesi l’Italia dovrà fare i conti con le elezioni. E già si sa che la partita si giocherà fra chi vuole più Europa e chi invece non ne vuol più sentir parlare, chi ritiene l’euro come un fondamento indissolubile e chi crede che sia la causa di tutti i mali. Come se non fosse chiaro che i costi di un break-up sono incalcolabili, che non si può entrare o uscire a piacimento dall’area euro, che la soluzione non è quella di stampare più moneta, che la strada islandese non è praticabile, che l’eventuale ritorno alle valute nazionali creerebbe solo più instabilità. L’eurozona in tumulto sta cercando di ritrovare la bussola e, nonostante le difficoltà economiche, perfino la Grecia non vuole tornare alla dracma. O almeno questo dicono i sondaggi, compresi quelli del Pew Research Center. Di contro, in Italia è già nato un sentimento tanto diffuso quanto pericoloso. Come dimostra il grafico qui riportato, tratto dal report “Italy: Good Student, Good Grades?” di Morgan Stanley, le prospettive non sono buone. Anzi, sono nefaste. Chi vorrà vincere alle urne non potrà non fare i conti con i malumori degli italiani. La strumentalizzazione dell’euro che molti politici e politicanti stanno effettuando non solo rischia di frenare il naturale processo di integrazione europea, ma può anche provocare notevoli disordini sociali. I detrattori della moneta unica aumentano di giorno in giorno, le richieste di referendum sull’euro pure. E in Italia si sta perdendo quel poco di positivo che il governo di Mario Monti ha fatto da quando si è insediato. Ma siamo sicuri che sia la strada giusta?
24 Settembre 2012