I direttori dei maggiori quotidiani, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, deputati e senatori, perfino il Capo dello Stato stanno cercando di salvare «il soldato Sallusti»…dalla legge. Si, proprio dalla legge, una legge che punisce la diffamazione, che invita ad usare un linguaggio decente, serio, anche se critico, insomma che invita a fare buon giornalismo.
In questi giorni stiamo assistendo all’ennesimo reality «Fai la vittima», chi piange di più o fa la parte del maggior perseguitato ottiene la solidarietà lacrimevole di tutto il mondo e questa volta la palma della vittoria è toccata ad Alessandro Sallusti, quello che pur di difendere il proprio editore-politico non ha mai risparmiato editoriali feroci, al limite del rispetto umano, titoli vergognosi che hanno suscitato indignazione di tutti ed in ultimo anche la ratifica (perché tale è stata) di una passibilità di pena di morte ovviamente di un magistrato su un caso di aborto scritta da Dreyfus alias Renato Farina (già proprio lui, quello del caso Abu Omar, plurisospeso, radiato, ma che ancora continua scrivere a dimostrazione di quanto siano perseguitati i giornalisti in Italia).
Bene, questo paese ha altro a cui pensare che difendere Alessandro Sallusti, una penna mordace, preparata ma volutamente provocatoria ed esagerata. La sua pena è sospesa, ma lui vuole andare in carcere e non vuole misure alternative. E allora ci vada, ma non ci dica che è perseguitato. Grazie a questa classe giornalistica asservita a grandi gruppi, interessi politici e caste che fagocitano piccoli giornalisti, giovani pubblicisti, free lance e praticanti (per i quali nessuno ha mai e mai muoverà un dito), noi siamo fra i paesi meno liberi come libertà di stampa, ma non perché lo vuole la legge, ma perché lo vogliono gli stessi giornalisti ed editori.
Conosco ben altre forme di persecuzione giornalistica per poter dire che Sallusti dorme e continuerà a dormire su due o tre cuscini. Lo sa Sallusti che in Ecuador il presidente Correa ha sanzionato con 40 milioni di dollari e tre anni di carcere i direttori del quotidiano El Universo (oltre ad aver rifiutato in futuro che il governo ed i deputati rilascino qualunque intervista) per diffamazione, costringendoli addirittura alla fuga. O ancora che in Argentina il governo è in guerra contro il Gruppo Clarin, suo avversario politico che entro il 7 dicembre dovrà smobilitare gran parte del suo patrimonio in licenze televisive ed editoriali solo per le critiche all’attuale presidente?
Sa ancora Sallusti che la diffamazione negli Usa implica le dimissioni dalla direzione di un giornale e c’è veramente poco da piangere? O ancora che in Messico o Russia la diffamazione si paga veramente caro e se è fatta verso autorità politiche o giudiziarie c’è perfino il rischio che si “parisca dalla circolazione con buona pace di governi e lettori? Tuonare contro una legge che gli ha permesso di pubblicare «A noi Schettino, a voi Auschwitz», «Ciao, ciao Culona», «Cacciamo gli islamici» e via dicendo, ci sembra ridicolo. Vada in galera, se vuole, e stia sereno, anche lì potrà continuare a scrivere, magari con uno pseudonimo. In Italia si può.