I commercialisti esempio per la politica. Siamo ai limiti dell’off topic, rispetto alle storie di fisco minore, ma in fondo i tecnici di tasse e bilanci sono l’interfaccia tra contribuenti e casse erariali. C’entrano sempre, i commercialisti, con le vicende legate a imposte e balzelli. In questi giorni la rottamazione bipartisan, auspicata non solo da Matteo Renzi, a cui la fascia tricolore fiorentina inizia a stare stretta, è l’argomento in evidenza su ogni canale mediatico. Fini e Bindi, D’Alema e Casini, Veltroni e Tremonti (e tanti altri) sono in parlamento da decenni. E’ giusto chiedere un ricambio, è lecito pretendere che questi signori se ne stiano finalmente a casa? Aggiungo: dopo tutti i disastri che hanno obbligato il presidente della repubblica Giorgio Napolitano a nominare premier Mario Monti. E’ impressionante vedere le foto in bianco e nero degli del 22 dicembre 1947, nelle quali il presidente Enrico De Nicola firmava la promulgazione della Costituzione: Giulio Andreotti, oggi senatore a vita, già c’era. E fedele al suo motto, c’è ancora. Tira a campare ma non tira le cuoia. Uno dei “Padri Costituenti” era proprio il Divo Giulio. La politica dovrebbe essere una parentesi, nella vita di chi ritiene di volersi mettere al servizio della collettività. Una parentesi ben remunerata, perché è giusto che sia così, ma senza eccessi e privilegi. Negli Stati Uniti, il presidente può stare seduto nella sala ovale per non più di due mandati. In Italia? Nessuno lo ha espressamente chiesto, eppure la categoria dei commercialisti si è autoregolamentata: massimo due consiliature, sia in ambito locale sia in quello nazionale. Consiglieri e presidente hanno una scadenza. Dopo, devono tornare ciascuno al proprio studio ed occuparsi del lavoro che svolgevano prima di essere eletti. I dottori commercialisti hanno nelle arterie numeri & regole, partita doppia & diritto. Ma soprattutto, tanto buonsenso. Solo col buonsenso possono dispensare consulenza ai contribuenti. Certo, come in tutte le categorie ci sono le mele marce ma questo non sposta di un millimetro il ragionamento. Chi esercita la professione, involontariamente ideata secoli fa da Luca Pacioli, non avrebbe mai potuto commettere le nefandezze di Fiorito e Lusi. I due si sono distinti per stupidità ed ignoranza delle più elementari norme contabili e giuridiche, sorprendendo persino il più modesto dei ragionieri. C’è l’esigenza di rinnovare (sì, meglio rinnovare che rottamare) la politica italiana? Si chieda qualche suggerimento ai dottori commercialisti. Se lo avessero fatto negli anni quaranta, forse oggi Giulio Andreotti sarebbe un semplice pensionato. Vivo, deo gratias, ma pensionato.
Giuseppe Pedersoli
Nelle foto: il presidente Enrico De Nicola (che firma la Costituzione nel 1947) e Luca Pacioli.