Altro Che SportI Boston Celtics vincono a Milano, troppi soldi di differenza

  Domenica 7 ottobre si è giocata a Milano la partita di basket con il più alto incasso della storia italiana: 10˙672 spettatori hanno comprato biglietti per un costo di 773˙000 euro, cioè in media...

Domenica 7 ottobre si è giocata a Milano la partita di basket con il più alto incasso della storia italiana: 10˙672 spettatori hanno comprato biglietti per un costo di 773˙000 euro, cioè in media 72,5 euro a testa. Per le abitudini del basket italiano è stato un evento esagerato: in 1 sola partita si è raggiunto il 68% dell’incasso generato a Milano in tutto il campionato 2011/2012, nel quale la squadra di casa, l’EA7, ha disputato in casa 22 partite incassando poco più di 1,1 milioni di euro, cioè circa 50˙000 euro a partita.
Il commissioner dell’Nba, David Stern, di fronte a quei dati, ha commentato che l’Italia, e più in generale l’Europa, non può ancora ospitare il suo campionato. La differenza è troppa.

Ad attirare il pubblico di domenica è stato l’arrivo dei Boston Celtics, una delle più forti franchigie dell’Nba, cosa che non capita tutti i giorni: secondo i dati forniti da Luca Chiabotti sulla Gazzetta dello Sport del 9 ottobre, si è trattato soltanto della 20ª partita della storia giocata tra squadre nostrane e Nba (qui o su territorio nordamericano) peraltro tutte perse dagli italiani – nel caso in questione Boston ha vinto 105-75.
Se si allarga lo sguardo ai confronti Nba-Europa nel loro complesso, le partite sono state complessivamente 91, con soltanto 12 vittorie europee (da quando Chiabotti ha scritto le vittorie sono diventate 13, perché il Barcellona ha sconfitto i Dallas Mavericks il 9 ottobre e lui non poteva saperlo). C’è stato un periodo in cui la forbice di rendimento sembrava doversi chiudere, tra il 2005 e il 2007 quando gli europei vinsero 5 volte. Ma dal 2008 a oggi le vittorie sono state soltanto 4.

La differenza con l’America, però, non è tanto sportiva quanto economica. Qui da noi una partita da 800˙000 euro è l’eccezione che rende significativa più di una stagione, negli Usa è una concessione che si può fare nel periodo di partite amichevoli che precede il campionato vero, dove ogni partita incassa largamente più di 1 milione se si disputa in stagione regolare e in una città secondaria, ma surclassa quelle cifre se si disputa nei playoff e in una metropoli come New York o Los Angeles.
E quindi il progetto di far nascere in Europa delle franchigie Nba, destinate a disputare 41 partite casalinghe di stagione regolare più una quindicina di playoff, per il momento non è praticabile. Lo ha sintetizzato il commissioner Stern: «Ci vogliono almeno 5 franchigie, e non sbaglio se dico che non ci sono sufficienti arene, contratti televisivi adeguati, proprietari disponibili e la possibilità di vendere biglietti a prezzi alti quanto sarebbe necessario».

L’America, insomma, è ancora lontana. Sarà pure colpa della crisi, ma al momento l’Europa non è un concorrente economicamente credibile per il continente nordamericano.

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