Altro Che SportIl ciclismo professionistico non credibile del XXI secolo

  Sabato scorso 27 ottobre la Gazzetta dello Sport ha pubblicato la versione italiana del «Manifesto per un ciclismo credibile», elaborato insieme alle redazioni di altri giornali sportivi di tutta...

Sabato scorso 27 ottobre la Gazzetta dello Sport ha pubblicato la versione italiana del «Manifesto per un ciclismo credibile», elaborato insieme alle redazioni di altri giornali sportivi di tutta Europa: l’Équipe (per la Francia), Le Soir (per il Belgio di lingua vallone), Het Nieuwsblad (per il Belgio di lingua fiandra) e The Times (per la Gran Bretagna). L’obiettivo dell’operazione, in cui sono coinvolti anche altre testate giornalistiche transnazionali tra cui quasi tutte quelle che parlano di sport e che organizzano corse ciclistiche, è di far tornare «credibile» per il pubblico un ambiente come quello del ciclismo professionistico che negli ultimi anni ha perso moltissimo prestigio.
Perché c’è un dato che impressiona davvero in senso negativo: tra il 2000 e il 2012 sono stati squalificati per doping 330 ciclisti professionisti, e nelle 5 maggiori inchieste della magistratura ordinaria in corso ci sono 137 ciclisti coinvolti.

Il nome più eclatante tra i corridori coinvolti è quello di Lance Armstrong, vincitore dei 7 Tour de France (corsa organizzata dall’Aso, società legata al giornale l’Équipe) tra il 1999 e il 2005. L’Usada, agenzia statunitense antidoping, ha indagato su di lui ed elaborato un dossier di un migliaio di pagine con le testimonianze di 11 suoi ex compagni di squadra, e quindi l’Uci, l’Unione ciclistica internazionale, lo ha squalificato togliendogli 53 delle 90 vittorie da lui ottenute in carriera.
Tra le vittorie che Armstrong ha mantenuto, ottenute tra l’8 agosto 1992 e l’1 agosto 1998, c’è anche il titolo di Campione del Mondo che ha conquistato a Oslo nel 1993. Tra le vittorie cancellate, oltre ai 7 Tour, ci sono altre 4 corse a tappe vinte tra il 2001 e il 2003 e la medaglia di bronzo a cronometro vinta all’Olimpiade di Sidney nel 2000.

La cancellazione del nome di Armstrong da molti albi d’oro, però, non comporta che le vittorie saranno assegnate ad altri. Anche perché quasi tutti i suoi avversari hanno avuto a loro volta squalifiche per doping.
Di coloro che sono arrivati sul podio dei Tour vinti da Armstrong, solo 1 (uno!) Fernando Escartin, arrivato 3° nel 1999, risulta non dopato. Tutti gli altri (Alex Zülle, Jan Ullrich, Joseba Beloki, Raimondas Rumsas, Alexandr Vinokourov, Andreas Klöden, Ivan Basso e Francisco Mancebo) hanno avuto squalifiche a vario titolo.

Tutti questi nomi e dati li ha riportati Luca Gialanella sulle edizioni della Gazza in edicola il 23 e il 27 ottobre. Alla loro luce è ovvio che ci sia il rischio di perdere per strada milioni di appassionati di ciclismo. Quello che vogliono i giornali propugnatori del «Manifesto per un ciclismo credibile», quindi, è che questo sport torni a essere plausibile veicolo di fede.
Non una cosa cosa pulita, eh. Credibile.

A maggior gloria di un business milionario, di cui gli stessi giornali sono artefici in quanto organizzatori in proprio di corse – come il Giro d’Italia, corsa rosa come la Gazzetta.

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