Era nell’aria. Che alle elezioni siciliane ci fosse un crollo dei partiti tradizionali non sorprende nessuno. Come non sorprende che il primo partito sia il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Ciò che però dovrebbe seriamente preoccupare – non che si fanno due o tre editoriali e si chiude l’argomento – è il dato dell’affluenza: ha votato il 47,42% degli aventi diritto. Si è sbriciolato il muro psicologico del 50%. Quel dato vuol dire che meno di un siciliano su due si è recato alle urne per scegliere il governatore della propria regione.
La politica negli ultimi tempi ha regalato il peggio di sé: gli scandali ormai non si contano più, peggio ancora le truffe legalizzate ai danni dei cittadini. Al tutto va aggiunto il periodo di crisi economica gravata da assurde scelte dei governi passati. Senza scordare il livello scadente di etica dei cittadini italiani che pensano che lo Stato è nemico quando chiede, salvo poi trasformarsi in genitore quando deve dispensare aiuti e assistenzialismo.
Ma la disaffezione dei cittadini verso la politica è il dato più preoccupante che dovrebbe iniziare a convincere che c’è in corso una pericolosa trasformazione sociale.
Con questi risultati i cittadini, di cui la politica è ancora, nonostante tutto, espressione rischiano di andare incontro inconsapevolmente ad una democrazia autoritaria.
Perchè la democrazia del nostro paese, a differenza della maggior parte degli stati occidentali, non regge sulle gambe dell’etica dei cittadini, ma è demandata alla rappresentatività dei partiti, i quali, però, sono formati a loro volta da cittadini, spesso i più scaltri e abbienti. Ma se viene meno la rappresentatività, chi può guidare il paese? Non certo i tecnici. Che fanno una terribile paura ai cittadini perché in Italia piacerà sempre il leader carismatico, un po’ dio in terra: Berlusconi faceva il contratto con gli italiani e Beppe Grillo attraversa lo stretto di Messina a nuoto. Cose che se accadessero in qualche altra democrazia occidentale, l’opinione pubblica si interrogherebbe sulla sanità mentale del candidato. In Italia piace. Agli italiani piace.
Però poi quando c’è crisi non si va a votare perchè ci accorge tutto d’un tratto di chi è finito ad essere rappresentante del popolo.