Noelani ha meno di trent’anni e da quasi sei opera nel settore della ristorazione nel centro di Vientiane, la città che a torto è spesso definita la “Sleepy Capital” del Laos. In un momento di stanca della giornata mi concede 30 minuti per parlare del suo Paese e della sua città. Non prima, però, di avermi offerto una Beerlao ghiacciata.
Iniziamo da qualcosa di positivo: cosa ti piace di più del tuo Paese e della tua città?
Per quanto riguarda Vientiane mi piace soprattutto la dimensione della città in termini geografici e demografici. Non ci sono troppe persone (754.000 ndr), il traffico è sostenibile e gli spostamenti agevoli. Poi sicuramente anche la pulizia, il fatto che la gente viva in maniera rilassata e contrariamente a quanto si potrebbe pensare Vientiane non è assolutamente noiosa per noi laotiani. Invece la cosa che più amodel mio Paese sono le persone, sempre molto amichevoli, sia nelle città che nei villaggi.
Qual è, invece, il problema più urgente da risolvere?
Direi senz’altro lo stato del sistema educativo. Le scuole private sono inaccessibili ai più, e gli insegnanti delle pubbliche, nonostante il recente aumento abbia portato il loro stipendio a circa 80 dollari al mese, spesso non hanno abbastanza energie e motivazioni. 80 dollari sono appena sufficienti per sopravvivere e così spesso devono arrotondare con altre attività, a scapito della qualità del loro insegnamento.
Secondo te cosa differenzia di più il popolo laotiano dalle popolazioni dei paesi circostanti?
La risposta è facile: i laotiani sono più rilassati. La filosofia del “take it easy” regna sovrana.
Il Laos è spesso definito il Paese più povero del Sudest asiatico, ma dopo due settimane non mi è sembrato di vivere in un Paese in cui la miseria sia visibile ad ogni incrocio. Le abitazioni mi sono parse sempre ben tenute, le strade ordinate, i mendicanti quasi inesistenti. Credi che sia un’impressione sbagliata?
No, non è un’impressione sbagliata. In Laos tutti hanno un tetto sotto il quale dormire e anche se è un Paese povero un modo per tirare avanti lo trovano tutti. Molti adolescenti lasciano le campagne per cercare lavoro nelle città e spesso lo trovano, altri si spostano in Thailandia. Spesso le migrazioni coincidono con i mesi di pausa del lavoro nei campi. Il motivo per cui il Laos appare dignitosamente pulito ed ordinato deriva dal fatto che le persone ci tengono e che ogni settimana c’è il “Red Saturday”. Per due o tre ore ogni famiglia deve mettere a disposizione della comunità un proprio membro e la squadra così costituita si occupa di ripulire le strade, potare le piante, curare i canali e così via. Non si tratta di un lavoro retribuito, ma le persone lo fanno volentieri.
Concludiamo con qualcosa che ti tocca più da vicino: avviare una nuova attività è difficile?
Innanzitutto premetto che posso rispondere solo per quanto riguarda i laotiani. Gli stranieri devono sicuramente affrontare oneri maggiori. Per noi laotiani da un punto di vista burocratico e fiscale aprire un’attività come la mia, o comunque di piccola o media entità, è estremamente semplice e veloce. E’ anche possibile aprire un ristorante senza autorizzazione e subito dopo comunicarlo all’autorità competente. E’ sufficiente dimostrare di fare sul serio, di avere un nome, un logo, il locale e dopo aver versato 50 mila Kip (meno di 5 euro) il gioco è fatto. Non sono necessarie garanzie, come invece accade nel settore degli operatori turistici. Per quanto riguarda l’accesso al credito, invece, senza beni da porre a garanzia non si riesce ad ottenere nulla dalle banche.