Città invisibiliCaldarrostari, bibitari e centurioni. La “Rometta” di oggi e, forse, di domani

“Roma è un bazar dove si vende di tutto. C’è ogni cosa della quotidianità di un popolo, … A Roma le brutture sono legione”. Così appariva la Città al giovane Le Corbusier, quando la visitò per la p...

“Roma è un bazar dove si vende di tutto. C’è ogni cosa della quotidianità di un popolo, … A Roma le brutture sono legione”. Così appariva la Città al giovane Le Corbusier, quando la visitò per la prima volta nel 1911. Troppa la “caciara” per le vie, per le piazze che visitava. Da allora è successo di tutto. La guerra e poi la ricostruzione. Il boom edilizio ed il consumo di suolo indiscriminato. I PRG del 1965 e del 2008. Amministrazioni differenti. Persone chiamate a prendere decisioni, molto diverse tra loro. Da Ernesto Nathan a Gianni Alemanno. Splendori e miserie diluiti nell’arco di poco più di un secolo.
Certamente quel che Roma è stata, non lo è più. Roma è, da tempo una città “incompiuta”. A dispetto dei tanti cantieri aperti dal centro alle periferie, dal suo nucleo storico alle aree di più o meno recente espansione. Si mostra così, come lo era con ben altre prospettive la Roma neorealista. Quella di film come Sotto il sole di Roma, del 1948, con il quartiere di San Giovanni e la zona del Colosseo. Oppure di Cinecittà, del 1951, nel quale campeggia, appunto, Cinecittà. Ma anche di Umberto D., del 1952, nel quale la città che avanza fa da sfondo con le sue strade, le sue piazze e i suoi palazzi. Aree che da periferiche, esterne alla città, sono diventate tessuto urbano. Senza tuttavia esserlo nella sostanza. Aggiunte alla città senza renderle omogenee ad essa.
Da tempo Roma è diventata una città di provincia. Una Rometta senza più l’ambizione di essere Capitale. O meglio la cittadina di provincia nella quale s’incontrano (e si scontrano) le aspirazioni dei maggiorenti locali. Aspirazioni che naturalmente quasi mai collimano con le esigenze della Città. E’ così che idee poco più che estemporanee si trasformano in proposte. Strampalate al punto da sembrare boutade. I monumenti dell’antichità sono cadenti? Troppe pietre che mancano e troppa polvere? Creiamo un bel Parco tematico sull’antica Roma. Pensate che meraviglia! Tutto ricostruito come se fosse vero! Fuori Roma. A quel punto i monumenti quelli veri, forse quasi non servirebbero più.
Non è tutto. Il Circo Massimo è un luogo squallido e degradato, abusata location per manifestazioni di ogni tipo (dal festeggiamento di un titolo mondiale calcistico ad una fiera di prodotti agricoli)? Si potrebbe trasformarlo in un impianto scistico. Con il Palatino che diventa Le Tofane e il Circo i dintorni di Cortina.
Dal centro ad Ostia. Sulle dune non si può sciare? Costruiamo un impianto con due piste. Ispirandoci a chi ne sa in proposito. Dubai, naturalmente. Il tutto senza alcun impatto ambientale, con costruzioni ecosostenibili.
Progetti, fortunatamente, spesso abbandonati. Così come altri che invece avrebbero potuto offrire un segnale. Fornire un abbozzo di visione sul futuro. Come l’idea di un riutilizzo della ‘sopraelevata’. Trasformando la parte superiore in orti urbani, come a New York.
Invece la Città continua a perseguire la politica delle aggiunte, di una scriteriata densificazione. Ovunque è possibile. Approvando ad esempio la realizzazione in tanti Municipi di parcheggi interrati che sono ben lungi dall’assicurare vantaggi futuri ai residenti. Mentre regalano certi disagi per il presente. Parcheggi la cui prossimità topografica, in non pochi casi, già ne tradisce l’inefficacia.
Procedendo tenacemente in quel consumo di suolo che anche in ambito nazionale è fermamente osteggiato. Tentando in ogni modo di giungere all’approvazione delle famose 35 delibere ancora in sospeso, che “regalerebbero” circa 1 milione di metri cubi alla città. Nel frattempo disinteressandosi dell’enorme patrimonio immobiliare dismesso e/o abbandonato disperso nei diversi Municipi. Cubature che potrebbero regalare quegli alloggi e quei servizi che invece, si preferirebbe costruire ex novo.
Ora, approvato con fatica il Bilancio, il Comune guarda al Velodromo, all’ex Fiera di Roma, a Tor Bella Monaca e al Waterfront di Ostia. Capitoli importanti dell’urbanistica. Meglio, della Città. Chi ne propone la realizzazione crede, forse, che attraverso quelle operazioni Roma possa farsi davvero Capitale. Sbagliando. Perché ognuno di quei progetti ha in sé esplicite contrarietà a quel che Roma è stata nel passato e ancora é. Una Città unica. Una città che però va ri-legata, saldata tra le diverse parti che la compongono. Riciclando l’esistente. Ricomponendo quello è rimasto scomposto. Appunto, “incompiuto”.
Da tempo a Roma manca una visione. Complessiva. Ma declinata attraverso i tanti particolari che appaiono necessari. Una visione che sia altro dall’abbaglio estemporaneo dell’imbonitore di turno.
Ma intanto, nonostante i divieti, ambulanti di ogni tipo occupano gli angoli più caratteristici della Città. Caldarrostari, camion bar e centurioni continuano ad offrirsi a turisti e romani. Per un cartoccio di castagne, oppure per una lattina di coca cola, per una foto. La Città, tante parti del Centro, spesso in vicinanza di monumenti e luoghi d’arte, trasformata in una fiera. In un bazar, direbbe ancora Le Corbusier. In una Rometta diciamo Noi.

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